La facciata della Basilica di San Miniato al Monte sarà lo scenario iridescente di un teatro del luogo nello spettacolo “Dal Monte una Luce Aurorale” del regista Giancarlo Cauteruccio in scena l’8 e il 9 settembre prossimi.
Dopo il successo dell’opera del 2017 "Muovere un cielo pieno di figure vive", dedicata all’Ospedale degli Innocenti di Filippo Brunelleschi, la seconda edizione del progetto Drammaturgia dello spazio-per un teatro dei luoghi, di Teatro Studio Krypton, si concentra sulla basilica fiorentina ed è dedicata alle celebrazioni del Millenario.
La magnifica facciata sarà un fondale dinamico, architettura di luce davanti alla quale il corpo dei performer darà vita al racconto delle forme, degli elementi, dei simboli e dei misteri, per una drammaturgia audio-visuale di forte impatto percettivo. La performance sarà un’intensa sollecitazione sensoriale che favorisce il volo percettivo, il quale attraverso la vibrazione della luce, unirà la profonda spiritualità di San Miniato al Monte alla città sottostante.
Gli allievi del laboratorio di Teatro/Architettura, coordinati dalla coreografa Margherita Landi, apriranno la prima scena, lavorando con la terra, la pietra e il legno per mostrare la volontà umana di cercare la connessione tra cielo e terra.
Una torre/scultura lignea, posta al vertice della Scala Santa, sarà la simbolica soglia di accesso tanto all’area della basilica quanto alla città. Da questa torre prenderà vita la videoproiezione, che genererà il mapping visuale ideato da Massimo Bevilacqua e guidato dalla colonna sonora di Alessio Bianciardi (anche curatore delle elaborazioni video), con brani di Giusto Pio, già autore musicale per vari spettacoli di Krypton, amava San Miniato (memorabile il suo concerto alla basilica con Franco Battiato) recentemente scomparso. L’attore Roberto Visconti accompagnerà il pubblico nelle visioni, interpretando un testo del regista, mentre la cantante-performer Chiara De Palo interpreterà lo spazio come luogo speciale di meditazione, attraverso la voce e l’azione minimale e geometrica.
“L’opera non vuole essere celebrativa del passato - ha spiegato Cauteruccio - ma occasione di un nuovo inizio. Infatti, la scena finale diventa magicamente punto di incontro, condivisione, accoglienza dell’umano (specie in questi tempi di tragiche emergenze) e festa di uomini e donne avvolti in una luce aurorale, chiamati a testimoniare la necessità dell’accoglienza e della convivenza, nel rispetto fondamentale dei valori umani, per poter aprire la porta dia accesso al futuro”.
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