Rumori di padelle, gente che entra e esce, fornitori che lasciano i loro prodotti: siamo nella cucina dello chef Alessandro Bandoni, proprietario, insieme a Nicola Del Nero e Luca Ragoni, del ristorante “Le Palme” di Marina di Carrara. Alessandro ha 33 anni, voce allegra e sicura che trasmette tutta la sua passione e amore per la sua professione. Un entusiasmo davvero contagioso…
Alessandro da dove nasce questa passione per la cucina?
La passione nasce fin da piccolo. Già all’asilo mi piaceva giocare con la cucina giocattolo. E poi in casa mia, quando mia mamma mi lasciava solo, cominciavo a tirar fuori padelle, pentole e mestoli … e mi trasformavo in cuoco provetto!
Quindi è nato come un gioco ed è diventato il tuo lavoro…
Sì. Già alle medie portavo i miei dolci dolci a compagni ed insegnanti. Per “arruffianarmi” i professori e sperimentare le mie ricette con i miei amici di scuola.
E i professori cosa ti dicevano?
In terza media, fino a qualche tempo fa, gli insegnanti davano i consigli e gli indirizzi per scegliere le scuole superiori e nel foglio che diedero a mia madre c’era scritto: “Riteniamo che l’alunno Alessandro Bandoni non abbia bisogno di suggerimenti ma sappia già dove andare”. Io già sapevo di andare all’alberghiero.
Per fare questa professione occorre studiare o basta solo la passione?
Ci sono i giudici, i magistrati e per fare queste professioni devi avere la laurea. Allo stesso modo penso che per avere un ristorante debba essere obbligatorio aver fatto l’alberghiero.
Quindi per te la scuola per fare il ristoratore è importante. Ma non è il “lavoro sul campo” che fa la differenza?
La scuola (alberghiero, ndr) dà poco perchè le ore professionali sono calate. Quando c’ero io si faceva 3 giorni su 6 in cucina, ovvero 18 ore settimanali su 36, ora fanno 6 ore alla settimana se tutto va bene al terzo anno di alberghiera, che è l’anno professionale. E dopo i ragazzi vengono a fare gli stage e ne sanno meno che niente.
Cosa succede quando una ragazza o un ragazzo viene da te?
Te lo dico “papale”, quando vengono qui da me, io li metto subito ai fornelli e mi assumo la responsabilità nei confronti dei clienti avvisandoli che il piatto è realizzato da un alunno. E ciò serve a loro per metterli alla prova e capire se questo lavoro gli può piacere o meno.
Questo succede in tutti i ristoranti?
Nella maggior parte dei ristoranti li mettono a pulire le verdure quando non stanno addirittura fermi perchè magari è un ristorante stellato che si sta giocando la stella e guai a farli intervenire. A questo punto è meglio non prenderli. I ragazzi devono avere l’opportunità di vedere se sono portati per questo mestiere.
Quindi la tua filosofia si può riassumere in “studio e fornelli”...
Certo, per tutti e senza differenza alcuna. I professori sapendo la mia sensibilità a volte mi hanno mandato ragazzi con disabilità. Una volta una una mamma mi disse che la figlia non poteva usare i coltelli. Appena girato l’angolo dissi alla ragazza di prendere coltello e prezzemolo. Quando la signora tornò fui chiaro: la ragazza da me era trattata come tutti gli altri, cucina come gli altri senza differenze e se si deve tagliare lo farà come gli altri. Tutto fa esperienza.
I ragazzi e le ragazze che vengono a lavorare da te cosa hanno “in più” e cosa “gli manca”?
Ragazzi che hanno qualcosa “in più” per ora ne ho avuto solo tre. Uno era il mio ex aiuto cuoco Francesco, che ho assunto a 16 anni e purtroppo mi ha lasciato a ottobre, adesso andrà all’Alta Scuola di Cucina di Gualtiero Marchesi. Poi c’è il suo compagno di scuola, Andrea, che gli è subentrato. E poi Serena che ho avuto per i primi tre anni. Te lo dico sinceramente, i ragazzi di oggi non hanno mica voglia di passare ore e ore ai fornelli. Il mio è un mestiere duro. Della mia età eravamo in 64 diplomati all’alberghiero. Oggi lavorano nel settore della ristorazione in 15 e secondo me negli anni si è abbassata la percentuale.
Secondo te perché?
Vuoi la tecnologia, vuoi la ricerca di un guadagno facile - che poi facile non è mai nel settore della ristorazione - e poi la prospettiva di farsi 10, 11 ore in cucina non è da tutti.
Cosa ti ha colpito di Francesco, Andrea e Serena e ti ha spinto a sceglierli?
Intanto che si sono presentati da soli. Serena a 20 anni ha bussato al mio ristorante ha detto: “Sono serena questo è il mio CV”. Arrivati ai 18 anni non puoi venire accompagnato da mamma e papà per proporti per un posto di lavoro. E spesso mi capita il contrario, questo non lo tollero. Francesco quando si presentò a 16 anni sono stato io a voler parlare con i genitori ma lui ha fatto carte false per venire a lavorare con me. Ma gli dissi chiaramente che prima c’era la scuola. Sai cosa mi dissero i genitori di Francesco?
Cosa?
“Lui verrebbe a lavorare anche gratis”. No, no assolutamente qui anche la prova viene giustamente retribuita.
Adesso arriviamo a te al tuo ristorante, Le Palme, quando è nato?
Dopo aver lavorato dal 2005 al 2011 alla pizzeria “Bati Bati” di Marina di Carrara, l’8 febbraio del 2012 è nato le Palme.
Qual è la cucina che presenti e che ti rappresenta maggiormente?
Si parte da una cucina del territorio, quindi piatti tipici: baccalà marinato, tagliolini e fagioli e poi essendo proprio sulla sulla spiaggia - io apro la porta della cucina e sono sul mare - il classico spaghetto allo scoglio, frittura di pesce.
I programmi di cucina impazzano in Tv. Tu cosa ne pensi?
Show, semplice show. Alcuni possono essere utili tipo quello della Clerici che ti fa vedere i singoli passaggi per preparare un piatto. A Masterchef non vedi il piatto e i vari procedimenti, è troppo “falsato”. Un altro esempio Hell's Kitchen: gli urli in cucina ci sono ma non quelli che fa Cracco. Sono sicuro che neanche nel suo ristorante fa quegli urli lì!
Alessandro però anche te fai un programma di cucina “Pasticciando con il Bando” ma non in TV, bensì su Radio Nostalgia. Un vero e proprio racconto del piatto…
La radio pensavo fosse un mezzo di comunicazione “passato” e invece mi sono reso conto che è seguitissima. Mi sono ritrovato gente al ristorante perchè sentono il programma. Quando me l’hanno proposta la prima cosa che ho detto è stata “ma quanto ti devo pagare?” e loro subito mi hanno detto che mi volevano per raccontare la mia cucina. Mi diverto molto.
Le tre cose che devono esserci nella “Cucina del Bando”.
Passione, voglia di fare e un amore incondizionato per questo lavoro che ti lascia poca vita sociale ma ti ripaga con il risultato finale. Tu hai la fortuna di trasformare la materia prima in qualcosa di sublime e che fa bene all’anima e al cuore dei tuoi clienti.
A chi devi dire grazie per averti trasmesso questa passione?
Mamma e babbo perchè in casa cucinano tutti e due. La mamma la cacciagione e il babbo il pesce. E poi il mio primo programma culinario condotto da Wilma De Angelis. Con lei passaggio per passaggio ho amato ancor di più lo “stare in cucina”. E molti dovrebbero dirle grazie.
Salutiamo Alessandro, un ragazzo con le idee chiare e tanta voglia di fare. Nelle sue parole ho percepito il rigore di una professione che va oltre gli “show culinari” che vediamo in TV. Tanto sano realismo misto ad un’allegria contagiosa.