Cultura/ARTICOLO

La “Camera del Podestà” riacquista la bellezza originaria

A San Gimignano al via un'importante campagna di restauro

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
La “Camera del Podestà”
A San Gimignano sono al via i restauri delle famose e importanti pitture trecentesche della “Camera del Podestà”, situata all’interno della suggestiva Torre Grossa del Palazzo Comunale. Si tratta del celebre ciclo di affreschi a carattere profano e moraleggiante sul tema dell’amore, realizzato tra il 1305 e il 1311 da Memmo di Filippuccio. La sala fa parte del percorso museale della Pinacoteca e dei Musei Civici di San Gimignano.
L’intervento, fortemente voluto dalla Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Siena e Grosseto, dal Comune di San Gimignano e dalla Fondazione Musei Senesi, è realizzato grazie al sostegno della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e costituisce un’importante occasione non solo per la maggiore conoscenza del ciclo pittorico trecentesco, ma anche per una sistemazione complessiva della Camera.

Gli affreschi furono riscoperti al di sotto di vari strati di imbiancatura durante gli anni Venti del Novecento e furono allora oggetto di un primo intervento di restauro; negli anni Settanta seguì una ulteriore campagna che ne ha garantito la conservazione fino ai nostri giorni.
L’intervento di oggi, volto a risolvere definitivamente i danneggiamenti dovuti a varie cause di degrado che offuscano i magnifici colori di un tempo, sarà attuato dall’impresa Arc Conservazione e Restauro di Giuseppe e Massimo Gavazzi, aggiudicataria della gara indetta dalla Fondazione Musei Senesi sotto l’egida della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Siena e Grosseto.

Il restauro interessa una delle più pregevoli e inconsuete testimonianze della pittura senese del primo Trecento. La narrazione si articola secondo due filoni principali: da una parte sono rappresentati episodi amorosi dagli esiti infausti, nelle quali sono riconoscibili alcuni personaggi quali il filosofo Aristotele, follemente innamorato della cortigiana Fillide, e probabilmente i danteschi Paolo e Francesca, colti nella lettura del libro galeotto. Dall’altra, in contrapposizione, sono raffigurate alcune scene matrimoniali nelle quali l’amore, privato del suo aspetto terreno e teso alla verità spirituale, ha condotto a conseguenze positive ed a una vita serena: ne è un esempio la nota immagine degli sposi coricati in un ambiente domestico tipicamente medievale. Queste storie dovevano dunque suonare come un monito alla priorità dei compiti istituzionali rispetto alla seduzione dei sensi.

Il singolare stile del pittore, identificato dal noto studioso Roberto Longhi col senese Memmo di Filippuccio, aveva stimolato la curiosità degli studiosi fin dalla scoperta degli affreschi; Memmo, probabilmente formatosi nel cantiere pittorico della basilica superiore di Assisi, presso la quale era attivo anche Giotto, fra il 1303 e il 1317 ricoprì a San Gimignano il ruolo di pittore civico. A lui veniva infatti commissionata la decorazione dei gonfaloni e delle cassette per le elezioni, ma anche la realizzazione di affreschi per i vari edifici sacri e civili della città. Si inaugurava così quella sorta di monopolio familiare che, successivamente, vedrà protagonisti della scena artistica sangimignanese proprio i figli di Memmo, Lippo e Tederigo: a loro si deve il Ciclo del Nuovo Testamento presso la Collegiata di Santa Maria Assunta, tradizionalmente attribuito all’ipotetico pittore Barna da Siena, e la grande Maestà della sala del Consiglio del Palazzo Comunale, esemplata sul modello senese forse anche grazie all’influenza del genero di Memmo, il celebre Simone Martini.

Il cantiere di restauro, che sarà attivo fino a primavera inoltrata, sarà visibile al pubblico e permetterà al visitatore di seguire le diverse fasi di avanzamento dei lavori.

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