Elia Volpi, chi era costui? Se dice niente o quasi alle più recenti generazioni, il nome è invece inciso a lettere cubitali negli annali dell’antiquariato e del collezionismo fiorentino. Artista mancato, restauratore, mercante di successo e di astuzie volpine (nomen omen), coltivò a tempo perso anche la nobile arte del falsario.
Il suo vero merito, però, consiste nell’aver ‘inventato’ Palazzo Davanzati, oggi noto nel mondo come Museo della Casa Fiorentina antica, e nell’aver contribuito a diffondere, soprattutto negli Stati Uniti, il mito di Firenze e l’interesse per l’arte e l’artigianato del Rinascimento, che tanto avrebbero poi giovato all’industria del turismo e alle attività economiche ad essa collegate.
Ecco perché Palazzo Davanzati gli dedica oggi una mostra fotografica (Gli arredi storici nelle foto di Elia Volpi), curata da Maria Grazia Vaccari e Rosanna Caterina Proto Pisani nel contesto dell’edizione 2011 della collana Piccoli Grandi Musei, promossa e organizzata dall’Ente Cassa di Risparmio con il titolo collettivo Le stanze dei tesori.
L’esposizione nasce in collaborazione con l’Università di Firenze, con il Kunsthistorisches Institut - Max Planck Institut e documenta appunto l’allestimento dei primi decenni del Novecento, quando Palazzo Davanzati era una delle mete privilegiate dei grandi collezionisti e dei direttori dei maggiori musei internazionali.
Per la cronaca, il palazzo si trova in via Porta Rossa, dimora trecentesca dei banchieri Davizzi, passata ai Davanzati nel 1578 e nel 1904 a Volpi, che lo fece suo al prezzo epocale di 62.500 lire. Lo restaurò da cima a fondo, lo riempì di arredi e oggetti d’arte e da quel momento l’edificio divenne base di un’operazione commerciale e culturale in grande stile per diffondere all’estero l’idea stessa di fiorentinità.
Le immagini dell’epoca, in particolare delle stanze, provengono dall’archivio del Museo, mentre quelle dei singoli oggetti appartengono in parte alla fototeca del Kunsthistorisches Institut. Molte sono esposte per la prima volta. Ma se per illustrare gli arredi di quegli anni si ricorre alla fotografia è perché niente di tutto ciò è rimasto, avendo Volpi venduto l’intera collezione, malgrado le promesse che mai avrebbe recato un affronto simile a Firenze. Accadde a New York durante la Grande Guerra, in una serie di aste che fruttarono, pare, oltre un milione di dollari.
Se Firenze perse un patrimonio, molte case miliardarie americane furono arredate alla moda rinascimentale. Volpi ci guadagnò una fortuna e se ebbe rimorsi, cercò di riscattarsi donando alcuni preziosi dipinti agli Uffizi (tra gli altri, il Ritratto dei tre Gaddi di Agnolo Gaddi e il Cristo portacroce di Francesco Maineri). Alla sua Città di Castello (città natale) regalò invece l’intero Palazzo Vitelli per farne un museo, l’attuale Pinacoteca Comunale. L’uomo era così: avventuriero, senza tanti scrupoli (esattamente come i concorrenti), ma generoso. A suo modo un benefattore.
Classe 1858, aveva studiato a Firenze all’Accademia di Belle Arti con l’idea di fare il pittore, salvo poi, darsi al restauro. Una carriera analoga a quella del collega Stefano Bardini, con cui inevitabilmente entrò in contatto a metà degli anni Ottanta. All’epoca Bardini era già un antiquario affermatissimo e il giovane Elia imparò il mestiere tanto presto da essere cacciato qualche anno dopo per flagrante tradimento. Correva più o meno il 1893. Nei rapporti coi clienti l’apprendista si era allargato troppo e il patron non lo perdonò mai. Volpi, però, non si perse d’animo. Diventò anzi anche lui un gran mercante internazionale e per oltre vent’anni Palazzo Davanzati fu la sua vetrina nel mondo.
Morì a Firenze nel 1938, dopo aver inciampato in un brutto scandalo. Si scoprì infatti che tante sculture da lui vendute per opere dei più celebri nomi del Rinascimento erano in realtà falsi clamorosi realizzati da un tal Alceo Dossena. Non fu il primo né sarebbe stato l’ultimo. Ma tant’è, la frittata era fatta. Volpi risarcì i truffati, però una reputazione già non cristallina finì in frantumi.
Quanto a Palazzo Davanzati fu riaperto nel 1920 con nuovi arredi. Ha poi avuto vari proprietari e vicissitudini, finché nel 1951 è stato acquistato dallo Stato italiano. Inaugurato come museo pubblico nel 1956, è stato quindi arredato con oggetti dei depositi della Soprintendenza fiorentina e con successive donazioni di collezionisti e antiquari. Chiuso nel 1995 per gravi problemi di statica, ha subito profondi restauri ed è stato riaperto il 9 giugno 2009.
Firenze, via Porta Rossa 13/R – Orario: lun-dom 8,15–13,50; chiuso 2° e 4° dom e 1°, 3°, 5° lun del mese
Per informazioni:
http://www.stanzedeitesori.it/