Attualità/ARTICOLO

I testimoni: Antonio Ceseri

Uno dei pochi sopravvissuti al massacro di Treuenbrietzen

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
Antonio Ceseri
Antonio Ceseri nacque a Firenze l’8 Gennaio 1924 da una famiglia con tradizioni antifasciste. Nel 1942 rispose alla chiamata alle armi nella Marina Militare. Fu di stanza prima a Pola e poi all’Arsenale di Venezia, dove fu sorpreso dalla notizia dell’armistizio l’8 Settembre 1943. Il 9 Settembre fu arrestato dai soldati tedeschi che occuparono l’Arsenale e incarcerato nella caserma di Mestre. Due giorni dopo, l’11 Settembre, fu portato alla stazione della città e, stipato con i suoi compagni di reggimento in carri bestiame, trasportato al campo di lavoro di Hannover, dove arrivò dopo cinque giorni di viaggio.

Durante il primo periodo di detenzione, Ceseri e gli altri internati militari non subirono particolari maltrattamenti e poterono contare anche su una regolare distribuzione del rancio. La situazione dei prigionieri mutò rapidamente verso la fine del Settembre 1943, dopo che fu proposto loro di lasciare il campo in cambio dell’arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana o nelle file dell’esercito nazista. Ceseri, così come altre migliaia di uomini nelle sue stesse condizioni, non accettò l’offerta e fu trasportato in un campo nei pressi di Treuenbrietzen, a circa settanta chilometri da Berlino.

Il campo era circondato da filo spinato e i prigionieri erano sorvegliati costantemente: in un primo momento da militari della Wehrmacht, successivamente dalle SS. In questo campo la vita dei reclusi peggiorò notevolmente, sia a causa del poco cibo distribuito che del duro lavoro da svolgere in massacranti turni di dodici ore consecutive (una settimana di giorno, una di notte). Gli internati, inoltre, dovettero subire continue angherie perpetrate dai capisquadra civili addetti al controllo del loro lavoro, che divennero meno aggressivi soltanto con l’avvicinarsi della fine della guerra.

La vita dei prigionieri, comunque, non subì particolari cambiamenti fino al 21 Aprile 1945, giorno in cui il campo venne liberato dalle truppe sovietiche che avanzavano da est. In poco tempo, però, i nazisti riuscirono a riprendere il controllo della zona e tornarono immediatamente al campo, costringendo i detenuti ad abbandonarlo e a incolonnarsi verso una cava di sabbia poco distante. Quando la colonna arrivò all’altezza di un ponte ferroviario i nazisti salirono sui lati della strada, che era costeggiata da un terrapieno, e cominciarono a sparare dall’alto verso il basso, allo scopo di uccidere tutti i prigionieri. Quel giorno morirono centoventisette internati militari italiani. Riuscirono a scampare all’eccidio, riparandosi sotto i corpi trucidati dei compagni e completamente ricoperti di terra, soltanto quattro uomini. Tra di loro c’era anche Antonio Ceseri.

Nei mesi successivi, Ceseri e gli altri pochi superstiti del massacro di Treuenbrietzen, procedettero all’identificazione dei caduti, svolgendo un prezioso lavoro per ricostruire una delle pagine più tristi della storia dei militari italiani internati nei lager tedeschi.






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