Cultura/ARTICOLO

Gli Einstein a Firenze, due mostre sulla tragedia

In mostra lettere, testimonianze e frammenti di vita nella ricostruzione di una strage familiare, l’eccidio nelle campagne di Rignano

/ Redazione
Mar 10 Dicembre, 2013
Opere di Lorenza Mazzetti
Il carteggio tra lo scienziato Albert Einstein ed il cugino Robert, la corrispondenza con Benedetto Croce sul senso della guerra; la lettera in cui Robert Einstein annuncia il suicidio al fattore del Focardo; le foto d’epoca che narrano la vita alla Villa Il Focardo nelle campagne di Rignano sull’Arno; l’antifascismo nel Valdarno fiorentino.
Questi alcuni dei documenti che caratterizzano le due mostre “Gli Einstein a Firenze e dintorni” e “Album di famiglia. Diario di una bambina sotto il fascismo” che dal 27 gennaio al 19 febbraio 2011 sono allestite in Palazzo Medici Riccardi per ricordare l’eccidio del Focardo: la tragedia della famiglia Einstein, ossia il massacro di una madre e due figlie nell’agosto del ’44 ed il conseguente suicidio del marito e padre, Robert, l’anno dopo.
Una strage testimoniata solo da un breve messaggio ritrovato sul luogo della strage, con le parole: «Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei». Il biglietto – la cui esistenza è stata testimoniata da più parti – è stato lasciato dalle SS sul luogo del massacro compiuto il 3 agosto del 1944, quando le milizie naziste trucidarono Cesarina Mazzetti (detta Nina), Luce ed Annamaria Einstein, rispettivamente moglie e figlie di Robert Einstein.
Quelle poche righe oltre all’annuncio di un’orribile strage nascondono un’atroce menzogna: in realtà Cesarina Mazzetti, figlia di un pastore protestante, non era ebrea e così le due figlie. L’unica loro colpa era di portare il nome degli Einstein. Quella rappresaglia trasversale voleva colpire indirettamente Albert Einstein, di cui Robert era cugino, che all'insorgere del nazismo aveva lasciato la Germania. Hitler, che nutriva un’avversione particolare nei confronti dello scienziato tedesco sempre più simbolo dell’opposizione antinazista in America, oltre ad essere di religione ebraica, fece sì che fosse colpito negli affetti più vicini.
In occasione della Giornata della Memoria 2011, la Provincia di Firenze intende approfondire dal punto di vista storico ed artistico questa vicenda così privata eppure anche così ‘pubblica’.

LE MOSTRE

Gli Einstein a Firenze e dintorni.
Organizzata per pannelli esplicativi e teche, è la mostra che ricostruisce la vicenda a livello storico con materiali originali e riproduzioni di documenti ufficiali, lettere, testimonianze, foto d’epoca. Tra i pezzi originali, il carteggio del 1944 tra Albert Einstein e Benedetto Croce, proveniente dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Il carteggio tra Albert Einstein e Benedetto Croce consiste in due lettere del 7 giugno 1944 e del 28 luglio 1944. Sono pochi i giorni che intercorrono tra questo carteggio e la tragedia che si consumerà al Focardo (3 agosto 1944). In quel periodo Benedetto Croce era ministro del secondo governo Badoglio, ed era perciò particolarmente in vista, anche agli occhi dei nazifascisti. Einstein per parte sua restava decisamente schierato sul fronte dell’antifascismo e dell’antinazismo e non esitava ad esprimere la speranza che l’Italia fosse presto «liberata dai malvagi oppressori di fuori e di dentro.»
Tra le lettere riprodotte in occasione della mostra anche quella in cui Robert Einstein annuncia al fattore Orando la sua intenzione di togliersi la vita, un anno dopo la strage, con queste parole: ‘Caro Orando, mi dispiace che con la mia morte devo recarti non soltanto un dolere, ma anche tanti fastidi. Ma preferisco morire anch'io al Focardo, dove hanno sofferto il martirio i miei e desidero essere sepolto quanto il più vicino sia possibile a loro’.
E’ parte integrante della mostra anche uno speciale video che ricostruisce i fatti e le testimonianze dell’eccidio del Focardo.

La famiglia Einstein. Maria (Maja) Einstein, sorella di Albert e coniugata con Paul Winteler, agli inizi degli anni ’20 venne a vivere nei dintorni di Firenze, per l’esattezza in via degli Strozzi a Sesto Fiorentino. Qui rimase fino al 1939, quando, con l’entrata in vigore delle leggi razziali adottate dalla monarchia e dal fascismo, per gli ebrei si creò una situazione di pesante discriminazione e di crescente pericolo. In numerose occasioni Albert Einstein venne a trovare, nella villa di Sesto, la sorella Maja, a cui era legato da profondo affetto.
Robert Einstein, cugino di primo grado del grande scienziato Albert, nel 1937, con tutta la famiglia, la moglie Nina Cesarina Mazzetti e le figlie Luce e Annamaria Cicì, venne a vivere a Firenze, in Corso dei Tintori; acquistò anche la tenuta della Badiuzza, nel comune di Rignano sull’Arno, dove, nella Villa del Focardo, si recava a trascorrere i mesi estivi.
L’ambiente culturale ed artistico. Intorno agli Einstein, al Focardo, nell’abitazione di Corso de’Tintori, ed a Sesto Fiorentino, si creò un ambiente culturalmente e artisticamente molto raffinato e vivace. Le frequentazioni di artisti come Gino Severini e Giacomo Balla, di personalità come Alfredo Merlini e Francesco Berti, o di esponenti della cultura europea, allora in conflitto con il nazismo ed il fascismo imperanti, come la figlia di Thomas Mann, rendevano casa Einstein un punto di ritrovo caldo e accogliente per intellettuali e spiriti liberi. Tra i personaggi di spicco e di grande valore il pastore evangelico valdese Tullio Vinay, che negli anni dell’occupazione nazifascista si adoperò per salvare la vita a numerosi ebrei in pericolo e tentò anche di convincere gli Einstein a nascondersi per sfuggire alla persecuzione.
Luce Einstein nel 1937 si iscrisse alla Facoltà di Medicina dell’Università di Firenze. Tra gli amici che conobbe prima della tragica fine nell’agosto 1944, vi erano Tina Lorenzoni, crocerossina volontaria durante il periodo di guerra, uccisa dai nazifascisti e decorata di medaglia d’oro al valor militare e Aligi Barducci divenuto poi, con il nome di battaglia «Potente», comandante della divisione partigiana Garibaldi «Arno», caduto alla vigilia della liberazione e decorato, anche lui, di medaglia d’oro al valor militare.
Gli antifascisti a Rignano. Il paese dove gli Einstein erano venuti a vivere, nell’illusione di riuscire a sfuggire alle persecuzioni messe in pratica in Germania da parte dei nazisti, aveva conosciuto a sua volta il tallone di ferro della persecuzione fascista. Furono numerosi i cittadini colpiti dalla violenza fascista, poi dal rigore delle leggi di regime. Per numerosi cittadini che non si erano voluti sottomettere alla violenza mussoliniana e continuavano a professare idee di libertà, di giustizia e di democrazia, oltre al manganello o all’umiliazione dell’olio di ricino, ci fu il Tribunale speciale per la difesa dello Stato, la condanna al confino di polizia, l’ammonizione, la diffida, l’esilio per motivi politici. Sul pannello, anche i nomi di alcuni schedati della zona.
La Whermacht, gli alleati e i partigiani nel Valdarno. Due cartine mostrano le azioni dei partigiani, le operazioni, i bombardamenti e gli eccidi compiuti dai nazisti.
Hitler ed Einstein. Una ricostruzione biografica presenta la “differente visione del mondo” dei due protagonisti, con brevi cenni storici.

Album di famiglia. Diario di una bambina sotto il fascismo. Una seconda mostra narra la vicenda dall’interno. Ottanta acquarelli di Lorenza Mazzetti, nipote di Robert Einstein (figlia di Olga Liberati e Corrado Mazzetti, a sua volta fratello di Nina Mazzetti, moglie di Robert), raccontano il nazi-fascismo con gli occhi di una bambina. Dalla vita familiare fino al momento dell’eccidio del Focardo. Lorenza Mazzetti è testimone e unica sopravvissuta - insieme alla sorella gemella Paola – della tragedia della famiglia Einstein nella Toscana del 1944. Ogni quadro è corredato da una breve didascalia, scritta dall’autrice. Tra le altre citiamo le seguenti:

“Questo è il ritratto del cugino dello zio Robert e del fratello di Maja. Si chiama Albert Einstein. Vive in America e quando è lì fa lo scienziato e quando viene qui va in altalena”.

“Oltre al ritratto del duce, capo del governo e del fascismo, a scuola ci sono i ritratti del re, della regina e quello del papa. Il re è amico del duce e del fuhrer, noi siamo le piccole italiane e andiamo in giro per tutta la scuola cantando ‘fuoco di vesta che fuor dal tempio irrompi marciando e urlando a squarciagola. È difficilissimo quando si marcia andare al passo, perché bisogna che tutti muoviamo il piede sinistro insieme e il piede destro insieme. È una cosa complicatissima” .

“Ieri è arrivato alla villa il professor Paoli, che insegna letteratura tedesca all’Università di Firenze. È venuto a dire che Firenze è in mano ai tedeschi che rastrellano uomini e soprattutto gli ebrei e che lo zio deve fuggire. Ma lo zia ha detto che non vuole fuggire, che non ha nulla da nascondere e ci ha tranquillizzato a noi tutte”.

“Fuori non si può più stare perché piovono proiettili da tutte le parti,. Sono gli inglesi che stanno arrivando. Oggi abbiamo sentito un rumore di un camion che si è fermato davanti alla villa. Usciamo sul portone. Sono gli inglesi? No, sono i tedeschi, vestiti di nero che chiedono di Robert Einstein. Noi gli diciamo che non c’è, che è nei boschi, loro però lo cercano lo stesso e io mi senso male. Ci chiudono tutti in una stanza”.



Gli Einstein a Firenze e dintorni. La tragedia di una famiglia
Album di famiglia. Diario di una bambina sotto il fascismo

Dal 27 gennaio al 19 febbraio
Palazzo Medici Riccardi - Via Cavour 3, Firenze
Sale Istituto Storico della Resistenza
Orario: dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19
dal lunedì al venerdì – chiuso il mercoledì
ingresso libero



ECCIDIO DEL FOCARDO, I FATTI
“Abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei”. La mattina del 4 agosto 1944, tra le fiamme di Villa Il Focardo, un foglio attaccato a un albero spiegava la folle logica che stava dietro a uno tra i tanti eccidi compiuti dai nazi-fascisti nelle campagne fiorentine. Una vicenda che racconta la tragica storia di una famiglia molto in vista, quella di Robert Einstein, cugino del celebre scienziato della relatività, Albert Einstein.
Robert si sposò a Roma con Cesarina Mazzetti, detta Nina, nel 1913. Nel ‘17 nacque Luce, la primogenita; nel ‘26, la seconda figlia, Annamaria, chiamata affettuosamente Cicì. Vennero a far parte della famiglia Einstein anche le due gemelle Paola e Lorenza, rimaste orfane, figlie del fratello di Nina Mazzetti.
Alla fine degli anni ‘30, la famiglia si trasferì a Firenze, in Corso dei Tintori, e acquistò la villa del Focardo, nel territorio di Rignano sull'Arno, per trascorrervi i mesi estivi. Dopo l’8 settembre 1943 la situazione precipitò e divenne sempre più difficile nei primi mesi dell’anno successivo, quando i soldati tedeschi occuparono le ville della campagna, per farne i loro quartier generali. Una divisione della Wermacht occupò anche la villa del Focardo. Sebbene Robert Einstein fosse ebreo, per mesi la sua famiglia non venne molestata dagli ufficiali dell’esercito regolare tedesco. Il difficile equilibrio che si creò tra la famiglia e gli occupanti, fatto al tempo stesso da diffidenza e rispetto, speranza e paura, è stato ricostruito da Lorenza Mazzetti, una delle nipoti degli Einstein scampata alla strage nel suo libro “Il cielo cade”. La Mazzetti racconta in quelle pagine i mesi di convivenza con i nazisti visti con gli occhi di una bambina.
Dopo la liberazione di Roma, 4 giugno ‘44, gli aerei alleati bombardarono la provincia fiorentina, colpendo soprattutto ponti e ferrovie. Robert diede ascolto ai consigli degli amici e si rifugiò nei boschi, presso alcuni partigiani, per sfuggire all’odio e alla follia dei nazi-fascisti.
Il 3 agosto, ultimo giorno di permanenza degli occupanti nella zona, un reparto di soldati tedeschi interrogò ripetutamente e violentemente Cesarina, Luce e Cicì, la moglie e le figlie di Robert Einstein. Infine, dopo averle suicidate, diedero fuoco alla villa. Robert, che si trovava nelle campagne vicine, vedendo le fiamme, corse subito alla villa e, scoprendo l’assassinio della moglie e delle sue figlie, tentò il suicidio.
Il giorno dopo, 4 agosto, nel giardino della villa fu ritrovato un foglio scritto di fretta, considerato l’unico documento ufficiale della vicenda, dov’era scritto: “…abbiamo giustiziato i componenti della famiglia Einstein, rei di tradimento e giudei”.
Qualche tempo dopo arrivò alla villa il maggiore della Quinta Armata Milton Wexler, che da Albert Einstein aveva avuto l’incarico di recarsi a visitare il cugino Robert per avere sue notizie. Scoperta la drammatica verità, il 17 settembre il maggiore Wexler fu costretto a scrivere una lettera ad Albert Einstein informandolo che la moglie e le due figlie di Robert erano state uccise per mano dei nazisti. Solo il cugino era rimasto incolume.
Il 27 novembre 1944, lo stesso Robert scrisse una lettera al cugino informandolo che la Commissione americana per i crimini di guerra aveva già avviato le indagini e gli chiese aiuto per ottenere l’identificazione e la condanna degli assassini.
Robert Einstein non seppe resistere al dolore e alla tristezza e, il 13 luglio dell’anno dopo, si suicidò. Fu sepolto accanto a sua moglie e alle figlie nel cimitero della Badiuzza alle Corti.
I responsabili della strage non sono mai stati identificati.



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