Giuliano Vanghetti, è nato nel 1861 in provincia di Firenze a Greve, nel cuore del Chianti ed è il precursore a tutti gli effetti delle moderne tecniche di neuroprotesica, branca della scienza che studia gli arti bionici mossi direttamente dal pensiero. La scoperta pubblicata in copertina dalla prestigiosa rivista “Neurology” è stata fatta da un team di bioingegneri e neurologi dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, della Casa di Cura del Policlinico di Milano e della svizzera École Polytechnique Fédérale de Lausanne. I ricercatori hanno indagato e ricostruito la vita e l’attività scientifica del medico, grazie al materiale originale conservato presso il “Fondo Vanghetti” della biblioteca comunale “Renato Fucini” di Empoli.
Il giovane medico Giuliano Vanghetti rimase colpito dagli avvenimenti della battaglia di Adua del 1896 durante l’invasione coloniale dell’Etiopia da parte delle armate italiane. Giudicando traditori gli Ascari, i soldati eritrei inquadrati regolarmente nelle forze italiane, gli Etiopi applicarono un’antica legge e amputarono a 800 di loro la mano destra e il piede sinistro. Nella sua casa di Empoli, Giuliano Vanghetti cominciò a lavorare a una soluzione per dare movimento alle protesi cosmetiche passate a questi veterani dal governo italiano. Due anni dopo la battaglia di Adua, Vanghetti fornì una prima descrizione del proprio metodo con studi effettuati sulle galline e nel 1900, grazie all’aiuto e alla fiducia del professor Ceci dell’ospedale di Pisa, Vanghetti riuscì a testare questa tecnica sull’uomo. I risultati furono ottimi e la tecnica, tra alti e bassi, cominciò a diffondersi.
Lo sviluppo di protesi dotate di movimento e controllabili da persone che hanno subito un’amputazione è stata una sfida tecnologica e clinica che si è protratta per secoli e che ha compiuto progressi grazie all’opera di Vanghetti. Attraverso lo studio dei principi meccanici e neurologici del sistema neuromuscolare, Giuliano Vanghetti, agli inizi del Novecento, è stato il primo a descrivere e a realizzare operazioni chirurgiche per consentire ai pazienti di muovere protesi allora meccaniche e quindi a ripristinare - almeno in parte - i movimenti sfruttando i principi delle “operazioni cineplastiche” e dei “motori plastici”, per riprendere i termini utilizzati dallo stesso Giuliano Vanghetti. Il metodo di Giuliano Vanghetti è risultato particolarmente interessante per i ricercatori: il medico è stato il primo a sfruttare i movimenti naturali dei muscoli residui per attivare la protesi meccanica, collegata direttamente ai muscoli e ai tendini. L'idea di utilizzare ciò che resta della dinamica naturale del braccio per muovere la protesi resta oggi, a più di un secolo di distanza, alla base della neuroprotesica.
La comunità scientifica internazionale dell’epoca non sempre ha riconosciuto le tecniche proposte dal medico italiano, preferendo una variante utilizzata da medici tedeschi negli anni dieci del Novecento, non riconoscendogli la paternità del metodo. Hanno tuttavia dato la misura di quanto le tecniche di Vanghetti fossero innovative i premi nazionali (dalla Reale Accademia dei Lincei e dalla Croce Rossa Italiana), i riconoscimenti internazionali (la candidatura al Premio Nobel nel 1923) e, soprattutto, l’utilizzo del suo metodo addirittura fino agli anni ottanta del Novecento.
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