Cultura/ARTICOLO

Gianni Farneti svela i segreti dello scherzo delle Teste di Modigliani

Il giornalista che allora scriveva per Panorama ripercorre gli eventi che portarono alla rivelazione del celebre scherzo dei tre giovani livornesi

/ Costanza Baldini
Ven 16 Settembre, 2016
Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pierfrancesco Ferrucci

Lo scherzo delle Teste di Modigliani è la storia di tre giovani livornesi che con coraggio e un pizzico di incoscienza decisero di sfidare i critici d’arte. È stata una delle beffe più famose del mondo e non poteva che nascere a Livorno, città patria del Vernacoliere e di Bobo Rondelli, famosa per la sua ironia caustica. La storia ha ispirato anche una canzone di Caparezza “Teste di Modì”, spettacoli teatrali e sembra che sia in lavorazione anche una docu-fiction.

La storia è questa: nell’estate del 1984 in occasione del centenario della nascita di Modigliani la direttrice del museo d’arte moderna di Villa Maria Vera Durbé con la collaborazione del fratello Dario, sovrintendente alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, decide di accreditare una vecchia leggenda: Modigliani avrebbe gettato nei fossi livornesi quattro sculture perché da lui stesso ritenute insoddisfacenti. Inizia quindi la dragatura dei canali. La scavatrice, finanziata dal comune di Livorno, per sette giorni perlustra i fossi senza risultati. “Trovata una sega!” titolò il satirico Vernacoliere. A quel punto tre giovani livornesi Michele Ghelarducci, Pietro Luridiana e Pierfrancesco Ferrucci decidono di scolpire una testa con i tratti tipici di Modigliani, e gettarla nei fossi.  Più tardi dichiareranno:Visto che non trovavano niente, abbiamo deciso noi di fargli trovare qualcosa”. Ma nello stesso momento anche un portuale scultore Angelo Froglia a insaputa degli altri tre, decide di buttare nel fiume altre due teste. Un doppio inganno che per 40 giorni fa esultare Livorno che crede di aver ritrovato le preziose opere di Modigliani. Finché, all'inizio di settembre, su Panorama viene raccontata la verità

Noi siamo andati a intervistare Gianni Farneti (autore del libro Modigliani, storia di un falso d’arte e di una grande beffa”, Mondadori) il giornalista che per primo svelò lo scherzo su Panorama.

“La storia è questa. Io sono di origini livornesi, ho passato la mia infanzia a Livorno e conosco bene la città i suoi umori. Quando venne fuori che avevano cominciato a scavare per cercare le teste la prima cosa che mi venne in mente fu che qualcuno gliele avrebbe fatte trovare. Io all’epoca ero vicedirettore di Panorama ma facente funzione del Direttore che si era preso una lunga vacanza. Mandai  un collaboratore a Livorno ad informarsi su questa storia. A Livorno viveva anche una mia lontanissima parente, una cugina di mio padre, che sapeva che io ero a Panorama. Quindi questa signora quando si trattò di rivelare il fatto che suo figlio era uno dei ragazzi che aveva fatto lo scherzo pensò che la persona più giusta da contattare fossi io e così mi chiamò.

I ragazzi che avevano fatto questo scherzo pensavano che si sarebbe capito subito che le teste erano false e invece tutti pensarono che erano vere. Anche perché quando cominciarono a scavare nei fossi la prima statua che venne fuori non era una delle loro, era quella dello scultore Froglia (chiamata Modì1), per cui i ragazzi all’inizio rimasero molto perplessi, pensarono che fosse una testa autentica di Modigliani. La seconda testa che venne fuori fu la loro (chiamata Modì2) e poi ne venne fuori un’altra, sempre dello scultore chiamata Modì3. Quando loro capirono che nessuno metteva in discussione il fatto che le teste fossero vere e che tutta la critica italiana inneggiava alle meravigliose sculture di Modigliani, cominciarono a pensare che dovevano rivelare lo scherzo, a quel punto mi consultarono.

C’è un altro piccolo particolare da aggiungere. Panorama alcuni mesi prima era cascato a sua volta in una trappola. Era la storia dei falsi diari di Hitler tirati fuori dalla rivista Stern. Panorama abboccò e cominciò a pubblicare la storia, ma appena ci accorgemmo che era una bufala, facemmo marcia indietro. Quindi su questa storia delle teste eravamo un po’ sospettosi anche perché tre ragazzi che dicono “la statua l’abbiamo fatta noi” vai a capire se è vero o no. Noi facemmo vari controlli, i ragazzi avevano una fotografia che li ritraeva mentre stavano facendo la testa, noi verificammo con degli esperti che non fosse un fotomontaggio e alla fine decidemmo di pubblicarla. Ci facemmo la copertina ma la pubblicazione su Panorama non scoraggiò quelli che credevano che le teste fossero vere, per vari motivi. Prima di tutto perché Livorno ci teneva moltissimo al fatto di trovare dei Modigliani veri.

Livorno è una città che ha una feroce competizione con Pisa, c’è un detto che dice “Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio” e all’epoca sotto la targa di Livorno c’era scritto “Città depisanizzata”. Livorno non è mai stata una città bella, è nata per volere dei Granduchi di Toscana come alternativa al Porto di Pisa. Per popolarla ne fecero un porto franco, e diedero la possibilità di abitarla a tutti i perseguitati del mondo: pirati, ebrei, criminali eccetera. Durante la seconda guerra mondiale essendo un porto militare fu rasa al suo e poi ricostruita malissimo dai democristiani. Per cui è una città brutta che si confrontava con una città piena di tesori come Pisa. C’era la volontà di tutta la città di avere dei meriti culturali da contrapporre a quelli di Pisa. Inoltre Livorno era una città rossa per eccellenza, il Partito Comunista è nato a Livorno (21 gennaio 1921) e i ragazzi che hanno ideato lo scherzo erano del quartiere dell’Ardenza, un quartiere della borghesia bene di destra, l’unico non omogeneizzato alla cultura comunista dell’epoca. Per cui subito si pensò che era tutta una manovra per screditare la giunta rossa di Livorno. Quindi tutta la giunta, il Sindaco e anche il giornale locale il Tirreno forti del parere di tutta la critica d’arte d’Italia continuarono a sostenere che le statue erano vere e che era un complotto dei ragazzi dell’Ardenza di cui Panorama si era fatto portavoce, che insomma era una manovra politica.

Ci fu un momento in cui a Panorama ci trovammo in difficoltà perché tutta la critica continuava a sostenere che le teste erano vere. Noi sapevamo che erano false perché ne avevamo le prove ma non riuscivamo a dimostrarlo. Allora mi venne un’idea. Conoscevo il direttore dei servizi speciali del Tg2 dell’epoca La Volpe e per dimostrare la falsità delle teste mi venne in mente di fare realizzare in diretta ai ragazzi le testa col trapano Black & Decker. Questo sputtanò definitivamente la storia. Quasi tutti fecero marcia indietro, l’unico che è morto continuando a sostenere che le teste erano vere è stato il critico Argan di Roma. Dopo di che parecchi giorni dopo venne fuori anche quello che aveva fatto le altre due teste, fece una conferenza stampa per dire che aveva voluto fare una provocazione artistica.

Io ho una nonna livornese la quale non mi ha mai perdonato il fatto di aver dato il colpo di grazia a questo scherzo, una volta mi disse “Si va bene erano falsi! Ma che bisogno c’era di dirlo?!”. In molti ci sono rimasti male. Resta però la superficialità di certi super esperti di arte che precipitosamente appena hanno visto queste teste che erano oggettivamente molto brutte hanno cominciato a dire che erano vere, perche avrebbero voluto che fossero vere. Ci furono all’epoca delle perizie, in particolare sulla Modì2 che era la meno brutta, che sostenevano che la pietra aveva almeno cento anni. Insomma dettero  un valore anche scientifico al fatto.

Quando hanno architettato questa storia i ragazzi non avrebbero mai pensato che sarebbe diventata una cosa così grande, ma danni ne fece parecchi. Vera Durbè e il fratello Dario Durbè hanno pagato pesantemente questo scherzo, anche il sindaco di Livorno non è stato rieletto e non ha più fatto politica, l’assessore alla cultura è stato sostituito. I ragazzi erano tutti e tre bravissimi, ottimi studenti. Era uno scherzo da ragazzi destinati a fare tutt’altro nella vita e a farlo molto bene.”

Gianni Farneti parteciperà al festival Il senso del Ridicolo con l’intervento “Conciati per le teste”  sabato 24 settembre in piazza del Luogo Pio a Livorno, alle ore 15.30. Per informazioni: http://ilsensodelridicolo.it/

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