Una nuova legge di governo del territorio, rilancio del Servizio geologico nazionale e completamento della Carta geologica d'Italia, promozione dello studio della geologia a scuola e correzione della legge Gelmini per consentire la sopravvivenza dei dipartimenti di geologia nelle Università.
Questi i punti chiave dell'appello lanciato oggi dai geologi italiani, in occasione di una giornata di studi a Firenze sul Risorgimento e la geologia italiana. Nicola Casagli, docente di geologia applicata all'Università di Firenze, ha affermato, a fronte degli ultimi eventi causati dal maltempo, che "le alluvioni ci sono sempre state, e così la costruzione geologica del sottosuolo e del suolo: quello che é cambiato è che abbiamo costruito, e molto, in zone dove non era possibile farlo, dentro i fiumi, su versanti stabili, addirittura all'interno di ponti. Può darsi che in qualche caso non siano stati dati i permessi, e si sia proceduto per vari e successivi condoni, e in altri casi perché la normativa italiana, che pure è molto buona, è un po' scollegata: le varie legge sui terremoti e sulle alluvioni sono arrivate sull'onda dell'emozione degli eventi, e hanno trovato poco collegamento con quelle precedenti".
Per prevenire i rischi serve anche un lavoro culturale alla base: "Bisogna tornare a insegnare la geologia nelle scuole - ha aggiunto Casagli - perché solo se c'é cultura geologica le persone percepiscono i problemi geologici ed evitano comportamenti scorretti". Inoltre, ha sottolineato il geologo, "la legge di riforma ha messo in seria difficoltà la geologia nelle Università: noi non saremo più in grado di laureare geologi, quindi di avere geologi professionisti in grado di capire i rischi del territorio e indicare zone sicure in cui costruire".
Secondo Maria Teresa Fagioli, presidente dell'Ordine dei geologi della Toscana, "bisogna capire che la cultura del territorio è necessaria, e che non se ne può fare a meno: c'é un lavoro culturale che deve partire dalle scuole e dalle università, perché sono i giovani che devono arrivare preparati. Una deframmentazione di competenze ci deve essere, ma si deve anche dare spazio agli enti tecnici, con un passo indietro della politica che spesso dà priorità ad altre cose rispetto al territorio: spesso si parla di tavoli di concertazione, ma col territorio si concerta poco".