«Inseguita e importunata sul tram. Scendo e scende anche lui. La paura. La voglia di piangere. I passi veloci. Il respiro che si fa sempre più veloce e affannoso. Fino all’arrivo a casa. E una domanda: “Per quanto ancora dovremo dirci fortunate se non ci violentano?».
Questa è la storia di Anita Fallani, giovane ragazza di 18 anni di Scandicci, che racconta un episodio accaduto qualche mese fa. Dopo il clamore di quei giorni, generato sui social e sui media, il rischio è che tutto finisca nel dimenticatoio. i suoi amici “uomini” decidono allora di fare qualcosa: Giuseppe - raggiunto telefonicamente - ci racconta...
Come nasce la campagna #dauomoauomo?
Questa campagna nasce in mostro strano. Quando Anita Fallani scrive il post su Facebook, ripreso dal Corriere della Sera e dalla BBC, noi che siamo amici, con Aldo e altri, ci siamo detti:“tra un po’ finirà tutto nella solita bolla di sapone”. Scriveranno articoli molto dolci, forti ed emozionali infine ci sarà qualche manifestazione di donne e poi al prossimo giro ripartirà la giostra. Invece, dicevamo tra noi, il vero tema è che la violenza sulle donne la fanno gli uomini ma se gli uomini non se ne preoccupano resterà sempre il problema di una parte. Quindi ci siamo domandati se non era il caso di cambiare prospettiva.
Ovvero?
Ci siamo chiesti se gli uomini non si vergognassero di appartenere ad un genere che da sempre, da secoli e scientificamente, si comporta come il genere che domina. Finché c’era la giungla poteva andare anche bene, oggi dovremmo poter ambire a qualcosa di più. Da qui è nata l’idea di dirsi “da uomo a uomo” quello che non abbiamo avuto il coraggio di dire mai: la violenza sulle donne è un problema degli uomini.
Qual è stata la reazione degli uomini?
All’inizio è stata fredda. Ovviamente. Non ci aspettavamo niente di più. Oltre al presidente del Senato Pietro Grasso che è stato bravissimo perchè è stato il primo che, di sua sponte, ha detto questa semplice verità, mentre noi stavamo ancora riflettendo come muoversi. Grasso è uscito con un video che ha rappresentato una novità e uno spartiacque. Adesso va un pò meglio: ci ha contattato il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, siamo in contatto con gli stilisti Dolce&Gabbana, abbiamo altre adesioni di personaggi che devono dare l’ok definitivo.
A cosa attribuisci questa “freddezza”?
Prima di tutto il fatto è che il tema posto in questi termini è nuovo e poi nessuno tende ad assumersi colpe per fatti che materialmente non ha compiuto. Bisogna insistere. Se noi uomini ammicchiamo ad ogni battuta sessista, se ad ogni situazione non perdiamo l’occasione per fare un commento “sulle gambe di quella o il culo dell’altra” poi non siamo noi quelli che diamo lo schiaffo ma siamo quelli che creano quel brodo culturale dove la violenza ha vita.
Non pensi che oltre a essere coinvolto il grande nome della politica o dello spettacolo debbano essere gli uomini “comuni” a fare la loro parte?
Sì è chiaro, è fondamentale far ammettere a tutti gli uomini che hanno un problema. In questo c’è anche una responsabilità dei movimenti delle donne che relegano queste situazioni come un problema delle donne e che mettere l’uomo di fronte alla proprie responsabilità non era la soluzione ma il problema. Il punto è che se alla metà della popolazione non interessa niente della violenza sulle donne si va da poche parti, bisogna creare alleanze.
In questo ragionamento ci sono molti dei mali del nostro tempo: l’individualismo, il “non succederà mai a me o a mia madre, mia sorella o alla mia compagna”...
Sì e inoltre è un problema politicamente trasversale. Il maschilismo, il machismo o la misoginia ovvero il tema che se “hai un pene hai più diritto di altri di fare e dire” è un tema in cui ci si casca un po’ tutti. Ed è sotto gli occhi di tutti. Quando escono fuori le vicende legate al produttore cinematografico Harvey Weinstein e viene fuori che c’è un sistema, non c’è stato nessun uomo che ha preso chiaramente le distanze e che abbia detto che si può fare cinema, musica e arte senza che nessuno metta le mani sulle gambe di una donna o altro, peggio ancora, facendo in sostanza “il porco”. Avete letto commenti di netta condanna di George Clooney, Matt Damon, Brad Pitt o Tarantino?
Certo fai un ritratto del genere maschile davvero forte ed animalesco. Tu da uomo come ti senti?
Da uomo mi sento male, mi sento come una scimmia, ogni volta che si parla di stupri o violenze l’unica soluzione che si prova a dare è quella che verte sulla sicurezza: più auto della polizia, più telecamere sui bus… ciò perché si parte dal fatto che tu “uomo” sei una bestia, che il fatto che tu abbia un pene ti rende irriformabile e per fermarti servono solo gabbie. Come se l’uomo fosse condannato al suo ruolo storico di un tizio che non si riesce a fermare i propri istinti. E’ una visione dell’uomo preistorica. E mi fa schifo che nessun uomo si alzi e dica il contrario.
A chi fai questo appello da #Uomoauomo?
Sarebbe molto bello se il capo dello Stato, Sergio Mattarella, il 25 novembre, la giornata “contro la violenza sulle donne” facesse un appello diretto agli uomini “da uomo a uomo” richiamandoci tutti alle nostre responsabilità. E poi mi aspetterei che tutti i maschi prendessero posizione “se non sei tu che sei stato violento, se non sei stato tu che armi le mani dei violenti sentiti coinvolto e non esserne complice” questo il messaggio che lancerei.
Giuseppe è netto e questa campagna da #Uomoauomo ha un intento chiaro: il rispetto verso le donne lo si manifesta nella quotidianità, nel giorno per giorno e soprattutto abbattendo stupidi stereotipi e assurdi retropensieri. Da uomo a uomo dico alle donne "inchiodateci alle nostre responsabilità e agli uomini di spogliarsi dal ruolo triviale che ci viene cucito addosso e iniziare a essere persone senzienti e rispettose".
Poche cose ma utili per vivere un un mondo realmente civile.