Musica/ARTICOLO

Danze rituali e invocazioni demoniache: i Julie’s Haircut al Glue

Sabato 8 aprile suoneranno per la prima volta brani dal loro ultimo disco ’Invocation And Ritual Dance of my Demon Twin’

/ Costanza Baldini
Lun 3 Aprile, 2017
Julie’s Haircut

Melodie psichedeliche, ripetizioni ipnotiche, un approccio compositivo sperimentale quasi ‘alchemico’, testi lisergici e visionari. Questi sono gli ingredienti dello stile inconfondibile dei Julie’s Haircut band emiliana fondata nel 1994. La band sarà in concerto sabato 8 aprile al Glue Alternative Concept Space di Firenze per presentare “Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twin” il loro settimo album. Il disco coprodotto dalla band insieme a Bruno Germano e al team della Rocket Recordings, è stato registrato in una formazione allargata che, a fianco di Nicola Caleffi, Luca Giovanardi, Andrea Rovacchi, Andrea Scarfone e Ulisse Tramalloni, vede anche il contributo della nuova arrivata Laura Agnusdei ai sassofoni e, per la prima volta in sette anni, del membro fondatore Laura Storchi alla voce nella conclusiva “Koan”. Nicola Calefi ci ha raccontato come è stato realizzato, ecco la nostra intervista.

Ciao Nicola, ho letto che Invocation And Ritual Dance of my Demon Twin è un disco che si basa sull’immediatezza compositiva, volevo sapere quanto tempo ha richiesto la sua realizzazione
Il disco nasce da due session di registrazione che abbiamo effettuato nel 2015 una in marzo e una a ottobre, fine novembre. Siamo stati in studio a Bologna al Vacuum Studio di Bruno Germano. In questi due fine settimana abbiamo registrato diverse ore di materiale improvvisando in studio. Poi nei mesi successivi siamo ritornati su questo materiale selezionando le tracce che ci sembravano più interessanti da sviluppare e su quelle abbiamo effettuato delle sovra incisioni sia per gli strumenti che per la parte vocale.

Quanto ha influito la nuova etichetta nella realizzazione del disco la Rocket Recordings?
È stata una collaborazione importante, i due proprietari hanno avuto un ruolo di produttori esecutivi, con loro ci siamo confrontati  rispetto alle scelte migliori, più efficaci su ogni singola traccia del disco. Via mail ci siamo scambiate diverse opinioni rispetto alle tracce su cui stavamo lavorando e spesso ci siamo trovati d’accordo su come rendere i pezzi più efficaci.

Nel disco c’è anche una preziosa collaborazione con Laura Agnusdei a sax. Si può dire che il sassofono è uno strumento che è stato riscoperto negli ultimi anni dalla musica rock-indie?
Non saprei, è uno strumento che noi amiamo da sempre, interventi di fiati nei nostri dischi ci sono sempre stati. Fino ad oggi però non abbiamo mai avuto stabilmente un musicista in formazione. Con Laura si è creata questa collaborazione che è diventata poi anche un’amicizia e siamo molto contenti di questo nuovo inserimento.

Mi incuriosisce molto il titolo del vostro ultimo disco, so che prende ispirazione dal un film del regista cult Kenneth Anger Invocation of my demon brother ma anche da una canzone di Frank Zappa  Invocation and Ritual Dance of the Young Pumpkin. Mi fa pensare che voi invece di sconfiggere i demoni vogliate invece farveli amici, è così?
Il concetto di demone richiamato nel titolo non va inteso in chiave satanica, ma più come un riferimento alla parte oscura che c’è dentro ognuno di noi, all’inconscio. Quello che Jung chiama l’Ombra è un elemento con cui noi abbiamo sempre a che fare anche se dal punto di vista razionale non ce ne accorgiamo. L’idea del titolo è anche una sorta di suggerimento a confrontarsi con questa parte nascosta che abita in ognuno di noi.

In un’intervista mi ha colpito il rapporto che avete con il concetto di ‘ripetizione’ perché ha molto a che fare con un rito. Un rito che sia religioso o magico si basa proprio sulla ripetizione di parole e canzoni. Ci sono alcune droghe che necessitano nel viaggio psichedelico di una guida musicale. Mi chiedevo se avete mai pensato a questo.
Io credo che qualsiasi tipo di musica ci porti in un altro luogo, credo che sia la magia della musica stessa. Anche il brano pop più commerciale o la canzone classica può avere questo effetto su di noi. Sicuramente una musica ipnotica basata su ripetizioni ritmiche o forme che possono ricordare i mantra di certi culti religiosi ancora di più. Credo che il fatto di trasportare l’ascoltatore in un’altra dimensione sia intrinseco alla musica in generale.

Nei vostri gruppi di riferimento citate spesso Miles David, i Can, Bad Brains. Mi chiedevo se vi piacciono i gruppi della nuova ondata di musica psichedelica, come Hookworms, Wooden Shjips
Dei Wooden Shjips ho ascoltato un gruppo qualche anno fa devo dire non mi fecero una grande impressione, mi sembrano un gruppo molto derivativo però mi baso su un ascolto non troppo approfondito. Invece gli Hookworms non li conosco. Parlando più in generale della nuova scena psichedelica ci sono cose molto belle e altre poco interessanti. Adesso sta diventando un po’ un trend.

Come mai secondo te c’è questa ondata, si può legare al ritorno all’amore per un certo tipo di droghe psichedeliche rispetto agli anni ‘90?
Credo che l’amore per le droghe psichedeliche non sia mai cessato, credo sia una costante in una certa fascia d’età dagli anni ’50 in poi. Negli anni ’90 ci fu il boom della tecno anche quella se vogliamo è una sorta di evasione dalla realtà collegata alla psichedelia. Tutto quel mondo che è una sottocultura oggi ha assunto forme diverse ma rimane ancora molto forte. Oggi c’è sicuramente un revival legato alla psichedelia che passa anche attraverso la moda, la riscoperta  del vinile che è un elemento centrale.

Un ultima domanda un po’ marzulliana: tutti dicono che i vostri dischi sono cinematografici, se questo disco fosse un film che film sarebbe?
Potrebbe essere un film di Dario Argento degli anni ‘70

E Ashram Equinox?
Ashram più un film di Tarkovsky un regista che amiamo moltissimo e che è più spirituale.

C’è bisogno oggi di un ritorno alla spiritualità inteso anche come un allontanarsi dai ritmi lavorativi in cui tutti viviamo?
Un tempo si diceva ‘il logorio della vita moderna’ (ride). Credo che il ruolo della tecnologia sia sotto gli occhi di tutti, ha trasformato le nostre vite, la velocità con cui tutti siamo immersi, in questo flusso costante di informazioni e immagini, messaggi, parole. Ci ha veramente resi più nevrotici di quanto non lo fossimo già. Nel nostro piccolo con la nostra musica rappresentiamo una via d’uscita a questa follia contemporanea.

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