Da Firenze arriva una scoperta che rivoluzione le conoscenze sul danno renale acuto, una patologia che affligge 13,3 milioni di persone con 1,7 milioni di morti all'anno. Il team di ricerca guidato da Paola Romagnani, docente dell'Università di Firenze e nefrologa dell'Ospedale Meyer, ha scoperto che in caso di danno renale acuto la capacità rigenerativa del rene è limitata ma le cellule staminali rappresentano un importante target terapeutico. Lo studio, pubblicato su Nature communications, rivela così un nuovo meccanismo di risposta alla patologia, l'endociclo, che consente alle cellule di raddoppiare il loro Dna senza dividersi.
Il danno renale acuto costa al sistema sanitario più dei tumori a seno, polmone e intestino sommati insieme. Molteplici le cause che la provocano: disidratazione, uso di alcuni farmaci, esposizione a sostanze tossiche, infezioni importanti, operazioni. Fino a oggi, il danno renale acuto, se non mortale, è stato considerato una patologia potenzialmente reversibile.
Ma il team di ricercatori fiorentini, tra cui Elena Lazzeri e Maria Lucia Anhelotti, ha scoperto che la capacità rigenerativa del rene in risposta alla patologia è limitata e che il recupero della funzione dell'organo si deve in gran parte al fatto che le cellule sopravvissute aumentano di dimensioni, sforzandosi di incrementare la loro attività, grazie ad un nuovo meccanismo di risposta al danno renale acuto, l'endociclo. Quest'ultimo consente alle cellule di raddoppiare il loro Dna senza dividersi, recuperando rapidamente la funzione ed evitando la morte, ma non permette di rigenerare il tessuto danneggiato che in gran parte non viene rimpiazzato.
Episodi, anche lievi, della patologia lasciano così un danno permanente, anche in caso di apparente completo recupero della funzione dell'organo.
"La buona notizia tuttavia - spiega Romagnani - è che la stimolazione della funzione delle cellule staminali renali con farmaci specifici è in grado di potenziare la loro capacità rigenerativa ed evitare il danno renale permanente che può seguire ad un danno renale acuto, suggerendo che queste cellule rappresentano un importante bersaglio terapeutico per questa malattia".