La guerra è appena finita. Il Paese ancora immerso nelle macerie. Le regioni, sebbene previste dalla costituzione sono solo un disegno sulla mappa dell'italia. La Toscana, con la sua identità e le sue radici, il suo dna forgiato nei valori della Resistenza e della democrazia, Regione di pace, contro la pena di morte e la tortura fin dal 1786, sta già gettando le basi per la sua forma istituzionale. Nel luglio del 1945, venticinque anni prima della costituzione della Regione Toscana, quest'identità civile e di territorio inizia a sfociare in direttrici di programmazione politica e sociale. Tracce della Regione che verrà si trovano infatti negli atti del Comitato di Liberazione Nazionale, e proprio quelle linee identitarie saranno riportate anche in sede di Assemblea Costituente.
Parole chiare, orgogliose, in cui si iniziano a determinare subito le competenze regionali, le attribuzioni di guida e responsabilità politica. E' la premessa, segnale di lungimiranza politica e civile, che poi, venti anni dopo, sarà raccolta idealmente dal Comitato Regionale per la Programmazione Economica della Toscana, il CRPET.
E' il Governo Moro ad istituire nel 1964 i Comitati in tutte le regioni. Quello toscano si insedia ufficialmente il 7 luglio 1965, con Lelio Lagorio, sindaco di Firenze, presidente e le due commissioni più significative guidate da Elio Gabbuggiani del Pci e da Silvano Gestri della Dc.
A partire dal dicembre 1967, il Crpet nomina una commissione di nove studiosi per analizzare lo stato della Toscana in settori particolarmente delicati come l'economia, la viabilità e le infrastrutture, la sanità e le attrezzature sociali, il turismo, le risorse idriche, i parchi, e la prima definizione di un assetto territoriale. La Regione Toscana dunque ha fin dal suo nascere una propensione per le politiche di programmazione, all'insegna della ricerca, degli studi approfonditi di analisi territoriale e della scientificità dei riferimenti.
In questi anni che precedono l'elezione della prima Assemblea Regionale, la Toscana ed il suo territorio è dunque passata al vaglio degli studiosi, vivisezionata, analizzata pezzo per pezzo, settore per settore. E' su questa analisi accurata che la prima legislazione regionale 1970-74 basa il suo schema di sviluppo. Mappe, statistiche, rilevazioni di ogni tipo, costituiscono la spina dorsale di quelle che saranno nei decenni futuri le direttrici dei Piani di sviluppo.
Dalla fotografia degli studiosi del Crpet, emergono curiosità e dati di forte interesse per capire il cammino di civiltà della Toscana.
Gli studiosi cominciano con il determinare gli squilibri tra le diverse aree geografiche.
Alla fine del 1966, il 60% della popolazione toscana vive all’interno di un territorio che rappresenta il 16% della superficie regionale, l’asse industriale e manifatturiero Firenze-Prato-Pistoia-Lucca.
Tra le esigenze rimarcate come urgentissime dal Crpet, c’è il deficit di abitazioni – il 9% rispetto alla disponibilità di case - molto più acuto che nel resto del Paese, anche per la tipologia degli alloggi, assolutamente carenti sul fronte dei servizi.
Nel 1961 l’acqua potabile in casa è un lusso per la maggioranza dei toscani: in provincia di Siena se lo possono permettere solo il 42% degli abitanti, il 42% ad Arezzo, il 47% a Massa. Soltanto a Firenze la percentuale sale al 71% addirittura all’83% a Livorno. Il bagno in casa è un miraggio: all’inizio degli anni Sessanta ne sono sprovviste il 70% delle abitazioni dei toscani, addirittura l’80% in provincia di Massa, il 78% nel Senese e nell’Aretino. La rete di distribuzione del gas copre solo il 17% delle case toscane, e solo 9 su cento hanno il riscaldamento.
Il reddito medio di un toscano, nel 1966 è di 599.000 lire, cresciuto del 23% in 4 anni, in linea con il trend nazionale in quegli anni ancora di boom, ma già vicini all’inversione di tendenza degli anni Settanta.
Il Crpet si sforza di dare organicità e armonia al territorio in un momento in cui in ogni settore la spinta allo sviluppo è forte. Disegna mappe in cui prende forma la Toscana del futuro, le strade e le ferrovie da fare, insediamenti abitativi e industriali, bacini idrici da realizzare. Anche i parchi sono previsti come la zona dell’Uccellina in Maremma.
Vengono messe a nudo le debolezze di un sistema industriale fatto per lo più di piccole imprese, di un comparto agricolo sofferente per i processi massicci di inurbazione ancora in corso. Sul piano delle infrastrutture gli studiosi del Crpet sottolineano la necessità di azioni concrete per limitare la marginalizzazione di aree non toccate dal passaggio delle grandi direttrici nazionali di trasporto.
Significativa, per capire lo spirito davvero regionale con cui si lavorò all’interno del Crpet, l’esortazione finale per lo studio sulle acque: “La rete degli acquedotti – scrivono con lun gimiranza nel lontano 1967 quelli del Crpet – può e deve recare un contributo indispensabile nella correzione dell’attuale situazione di squilibrio in Toscana, per una nuova strutturazione del territorio che consenta, lungo le direttrici di sviluppo, quell’uniformità di condizioni insediative necessarie ad uno stabile e civile livello di vita e ad un organico sviluppo economico e sociale della Regione”.