Innovazione/ARTICOLO

Christian Cipriani: la mia mano robotica si chiama ‘Myki’

Il professore della Scuola Sant’Anna di Pisa ha vinto un 'Erc Starting Grant' diventando uno dei ‘top young scientist’ in Europa

/ Costanza Baldini
Sab 8 Luglio, 2017
Christian Cipriani

È partito nel 2016 da Pisa il progetto ‘Myki’ finanziato per 1,5 milioni di euro dall'European Research Council attraverso il programma 'Erc Starting Grant 2015' considerato uno dei più competitivi a livello globale. Il coordinatore si chiama Christian Cipriani ed è professore ordinario di ingegneria alla Scuola Sant’Anna di Pisa. Il suo progetto ha superato l'esame di 30 esperti, inclusi alcuni premi Nobel, che hanno valutato 2.900 proposte consolidando la sua posizione di 'top young scientist' europeo.


“Sono arrivato in questo mondo per caso perché quando mi sono laureato nel 2004 nacque la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, c’erano pochi mesi per la scadenza e decisi di applicare per il bando su scienze e ingegneria robotica. Ho iniziato il mio dottorato e poi ho deciso di rimanere in Toscana” ci ha raccontato Cipriani. Il suo progetto ‘Myki’ propone lo studio di un innovativo sistema per il controllo di una protesi di mano robotica tramite un'interfaccia basata su marcatori magnetici impiantabili nei muscoli, capaci di monitorare l'allungamento dei muscoli residui dell'arto del paziente, come avviene naturalmente quando si compie un'azione motoria. Per esempio quando si afferra una bottiglia.



“La mano robotica è il pretesto per andare a studiare le relazioni che ci sono tra il cervello e il sistema periferico, - dice Christian Cipriani - ed il pretesto per capire come l’uomo usa le proprie mani, come il sistema senso-motorio si sviluppa e come noi manipoliamo il mondo che ci circonda. Nell’approccio tradizionale sia nella pratica clinica che nella ricerca l’obiettivo è sempre quello di interpretare il segnale elettrico generato dal corpo, è un segnale fisiologico prodotto dai muscoli o dai nervi per via elettrica. Questo genera molti problemi perché ci sono un sacco di cose che disturbano il segnale. La mia idea è molto semplice, è quella di impiantare dei magneti nei muscoli dell’amputato e andare con questi a monitorare lo spostamento delle contrazioni. La cosa nuova è che i magneti sono oggetti passivi che non richiedono di essere alimentati con corrente, quindi si possono inserire e poi leggere con dei sensori. Poiché la contrazione dei muscoli è un atto volontario e più contraggo più voglio chiudere una certa articolazione, io posso usare queste informazioni per chiudere il giunto robotico in una protesi”.

Cipriani ha battezzato questo nuovo sistema "controllo mio-cinetico', dalle parole di derivazione greca 'mio' (muscolo) e 'cinesi' (movimento). I marcatori magnetici potranno essere utilizzati anche per fornire un ritorno sensoriale alla persona che indossa la protesi robotica, quando questa interagisce con l'ambiente, proprio come avviene nella mano naturale.

“In futuro attraverso questi magneti iniettabili sarà possibile anche restituire all’amputato informazione sulla 'propriocezione' cioè su come i nostri giunti sono nello spazio, è un tipo di informazione che non passa dai nervi, passa altrove, dai muscoli, dove noi impianteremo i magneti, anche questa è una cosa del tutto nuova. Prima della fine del progetto dovrò fare un esperimento su una persona, per adesso il progetto è ‘sul banco’ in laboratorio. Stiamo cercando di capire quali prove dobbiamo fare per la biocompatibilità e per la sicurezza delle persone e tra qualche anno attueremo la sperimentazione su un essere umano.”