Attualità/ARTICOLO

Chiude Caffellatte, storica latteria fiorentina di Via Degli Alfani

Il figlio di Vanna, la temutissima proprietaria, organizza un crowfunding e un’asta di beneficenza – giovedì 21 – per tamponare le finanze in profondo rosso dell’antico locale

/ Federico di Vita
Mar 19 Aprile, 2016
Caffellatte-latteria-via-alfani-chiude

A Firenze sta per chiudere Caffellatte, storica latteria di Via degli Alfani gestita dal 1984 da Vanna Casati Gnot. Una volta rilevato il locale, ormai 32 anni fa, il principale merito della – per molti temibile – signora (in tanti sui social la chiamano proprio così, senz’altra specificazione: signora), è stato quello di conservarne intatti arredi e strutture che vengono da lontano. Siamo andati a trovarla ed è con un certo orgoglio che ci ha mostrato le antiche strutture del locale, a partire dal bancone in marmo, “questo è ottocentesco – ci ha detto subito – era di una macelleria”, sul quale si staglia scolpito il profilo di un bove: “non quello di una mucca da latte”, come ci fa osservare. All’interno del piccolo esercizio in effetti si respira un’atmosfera d’altri tempi, capace di attraversare intatta il trascorrere dei decenni anche grazie all’attenzione filologica con cui la proprietaria ha saputo integrare gli elementi originali, a partire dall’insegna (“è degli anni ’20, mi volevano far pagare la multa per quella, poi me l’hanno tolta, dovrebbero ringraziarmi…”), o dal pavimento (che si è limitata a rendere agibile, “quando sono arrivata in terra c’erano dei buchi, mi dicevano ma che sei grulla?, io l’ho tenuto perché è quello antico!”), a degli inserti perfettamente intonati, come la macchina per il caffè, o il frigo – un’antica ghiacciaia da lei stessa rimessa in sesto –, senza dimenticare i mobili, le stoviglie, i tavoli che “vengono da casa mia e da quella dei miei genitori”.

Eppure dopo tanti decenni di militanza per la latteria il tempo sembra davvero essere scaduto. La signora ci racconta del tracollo che ha colpito la strada una volta chiuso l’ospedale, e della conseguente resa di due fornai, del negozio di dischi e di quella prossima del barbiere (oltre che della sua). Al di là del contesto sempre più ostico per gli esercizi di quella zona, c’è però da dire che, come registrato da diversi organi di stampa, ad aver pesato nella flessione degli affari della latteria sembrano essere in parte stati i modi rudi di Vanna (che a dire il vero con noi stamattina è stata gentilissima, ci ha perfino offerto il caffè), non apprezzati dagli utenti, che hanno lasciato diverse recensioni negative su TripAdvisor.

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Per il figlio – Pierfrancesco Gnot – la mamma vive in un altro tempo, “è rimasta agli anni ‘40”, come ci confida di rimproverarla scherzosamente, “e non riesce a capire questi tempi, si rifiuta di mettere il wi-fi e magari ogni tanto risponde male a qualcuno…”. Il problema è che, tra i prezzi un po’ troppo alti e una certa rudezza è fisiologico – in un’epoca in cui per gli esercizi aperti al pubblico la reputazione sui social è fondamentale – pagare lo scotto di una cattiva fama e, per quanto possa sembrare scontato (ma tra i gestori dei locali la considerazione è meno condivisa di quanto si possa immaginare…), la possibilità di diffondere commenti e recensioni da parte del pubblico è una delle conquiste dei nostri tempi, e deve necessariamente spingere gli esercenti a migliorarsi: tali strumenti possono addirittura arrivare al punto di incrinare rendite di posizione e addolcire rudezze anche in una città storicamente scontrosa come Firenze (e finalmente, aggiungiamo noi: sarebbe infatti ora che i gestori cominciassero a capire che non c’è proprio niente di buono nel trattar male gli avventori, e trincerarsi dietro il baluardo della presunta spontaneità regionale è solo un estremo sintomo di provincialità, dietro cui non si cela nient’altro che l’assoluta mancanza di volontà nel correggere i propri errori).

Ma non è certo una rendita di posizione quella della signora Gnot, che ha diversamente costruito (e preservato) negli anni e col lavoro di una vita il suo piccolo bar fuori dal tempo, e che ora rischia non solo di doverlo chiudere ma di vedersi addirittura pignorare parte della pensione o della casa. Proprio per scongiurare i guai economici legati al mancato pagamento di alcune rate dell’affitto (la signora Gnot stamani si rammaricava di non aver potuto, dopo più di trent’anni di assoluta puntualità, pagare alcune mensilità, ma gli incassi proprio non glielo consentivano…), il figlio Pierfrancesco sta provando a organizzare tutto quanto possibile per scongiurare il rischio bancarotta e far passare alla madre una vecchiaia il più possibile tranquilla.


Il tutto a partire dall’asta di beneficenza che si terrà giovedì prossimo alle 21.00, “in cui però – specifica Pierfrancesco – non verranno messe all’asta le suppellettili del locale, come erroneamente riportato da qualche quotidiano, ma in cui ciascuno potrà provare a vendere ciò che vuole”, Caffellatte parteciperà mettendo sul banco una decina di tazze, “non di più”. Ma non è questa la sola iniziativa presa dal figlio della signora Gnot a sostegno della latteria, oltre ad aver contattato l’Associazione degli esercizi storici fiorentini – “che sostengono la nostra causa, ma il problema è che qui servono soldi...” – Pierfrancesco è in attesa dell’approvazione di una campagna di crowfunding che sta provando a lanciare sulla piattaforma Eppela.com, e con la quale intende raccogliere 5.000 euro che darebbero respiro alle finanze del locale. “E sto anche cercando un socio – ci confida in chiusura –, tutte queste iniziative sono fatte sì per ragioni economiche, ma anche per dimostrare a mia madre che negli anni ha fatto un buon lavoro, e per farle sentire un po’ di calore”. Ma anche se il socio dovesse arrivare il tempo di Vanna al bancone di Caffellatte sembra comunque volgere al termine: “lo sfratto ormai è esecutivo”.