Ci vuole caparbietà per conquistare un sogno e sicuramente questa è una dote che non manca all’eclettico artista piemontese - ma ormai toscano d'adozione - Mattia Braghero. Ce lo ha raccontato lui stesso in una lunga intervista al telefono. Lo abbiamo raggiunto in Olanda dove sta portando in scena, al fianco del celebre attore americano Ted Neeley, la grande opera rock “Jesus Christ Superstar”, arrivata alla 250esima replica tra Italia ed Europa. Un musical firmato da Massimo Romeo Piparo con un allestimento imponente prodotto dalla PeepArrow Entartainment, uno spettacolo che per Braghero è diventato un grandissimo trampolino di lancio.
Mattia, a 26 anni sta calcando i palcoscenici di mezza Europa, come ci si sente?
Sicuramente è un’esperienza assolutamente nuova per me che fino all’anno scorso non avevo mai fatto una vera e propria tournée. Credo che sia una gran fortuna poter girare l’Europa con una compagnia italiana, questa – di per sé - è già una cosa eccezionale. Ogni sera vedere migliaia di persone che vengono ad assistere allo spettacolo è una grandissima emozione.
Si ricorda il giorno in cui le hanno comunicato che sarebbe entrato a far parte del cast di “Jesus Christ Superstar”? Com’è andata?
In realtà mi ero presentato qualche tempo prima ad un’audizione davanti alla produzione ma in quel momento non stavano cercando il mio profilo. Dopo qualche mese mi ricontattarono perché avevano bisogno di cercare un altro interprete nel ruolo di Peter. Si sono ricordati di me, mi hanno richiamato e sono andato al Sistina di Roma a fare un’altra audizione davanti al regista ed al direttore musicale. Il giorno stesso mi hanno detto “Ok, è andata bene, la segretaria di produzione ti aspetta con il contratto da firmare”. Dopo dieci giorni sono partito per Padova, dove è iniziata ufficialmente la mia esperienza.
Oltre 250 repliche del musical, per lei sono 88. Qual è il momento che l’ha più emozionata?
Ricordo il debutto a Ferrara, è stata un’esperienza unica andare in scena per la prima volta con un cast di artisti eccezionali come Ted Neeley. Quella sera mi parlò per un’ora del mio ruolo (quello di Peter n.d.r) ma anche del rapporto che doveva esserci tra noi, che dovevo stabilire con lui in scena: è stato meraviglioso.
Lei ha abbandonato gli studi universitari e ha scelto la musica, la vita da artista. La sua famiglia l’ha incoraggiata in questo percorso?
La mia famiglia mi ha incoraggiato e al tempo stesso mi ha “sfidato”. Quando decisi di lasciare l’università per fare l’artista feci una strana scommessa con mia madre. Lei mi disse “se hai fatto questa scelta adesso ti voglio vedere andare sul palco del Sistina di Roma”. E quando poi effettivamente è successo è stata una vittoria importante per me.
C’è un momento nella vita in cui si capisce qual è la strada da prendere. Per lei quando è stato quel momento?
Da quello che mi raccontano i miei ho sempre cantato da quando avevo quattro anni anche se ho iniziato ad andare a lezione arrivato ai dieci. Però la musica l’avevo sempre vissuta come un hobby, a scuola, al liceo. Poi andai per caso a fare un’audizione all'ECStudios e il direttore artistico Croce mi disse che secondo lui dovevo lavorare sulla voce, sulla presenza scenica e sul mio talento perché avevo delle carte da giocarmi. Sentivo che cantare e andare in scena sui palcoscenici mi piaceva e a quel punto decisi di provarci. Mi sono ritrovato per caso a fare una cosa e poi ho capito che era la cosa che volevo.
Alcuni puntano il dito contro i talent show. Lei cosa ne pensa?
Io sono stato uno di quei giovani che per un periodo ha provato a partecipare ai talent. Adesso non è più l’epoca in cui si concede tempo alle persone di maturare, io avevo bisogno di un riscontro, di capire velocemente se la mia scelta fosse stata buona, per questo ho provato da subito a fare audizioni. Però come ho iniziato ho smesso, non mi è mai piaciuto il modo di selezionare che viene utilizzato nei talent, ho vissuto esperienze in cui entravo nella sala del provino e dopo venti secondi mi dicevano “ sì, ok le faremo sapere”, senza avermi neppure ascoltato. Una situazione frustrante per un artista, soprattutto giovane. Ho provato i talent, sono esperienze di vita che mi hanno fatto bene, mi hanno fatto capire cosa non volevo. Quando poi è arrivato il momento in cui mi sono sentito pronto per trasformare la mia passione in professione ho iniziato a fare i provini per i musical. Ecco, lì c’è un altro ascolto da parte di chi ti seleziona, c’è la ricerca di una persona per ricoprire un ruolo, non per farci i soldi per un anno e poi buttarti via.
Quando si raggiunge un obiettivo a volte bisogna dire dei grazie. I suoi a chi vanno?
Ai miei genitori che mi hanno appoggiato sempre anche se all’inizio non erano pienamente d’accordo, alla mia ragazza che mi è sempre accanto e mi regala tantissima forza, all'EcStudios Academy dove ho studiato ed al direttore artistico Ermanno Croce che ha sempre creduto in me, al maestro Beppe Dati, con il quale ho collaborato molto e che mi ha insegnato tantissimo. Devo dire grazie anche a Massimo Piparo, il regista di questo spettacolo, che ha capito da subito quello che potevo dargli e poi devo dire un grazie grande anche a me stesso perché so quanti sacrifici servano per raggiungere gli obiettivi. Parlo di tempo speso a studiare e a lavorare su se stessi invece che uscire con gli amici o le serate alle quali non partecipi per preservare la voce, a tutta l’autodisciplina che mi sono imposto e alla forza di volontà che ci ho messo perché devo riconoscere che sono stato testardo nell’inseguire questo sogno.
Abbiamo parlato di talent, audizioni, provini. Ai suoi coetanei, ai giovani che come lei inseguono percorsi artistici cosa consiglierebbe?
Voglio dire ai miei colleghi coetanei che non devono mai dimenticarsi il proprio valore, dovranno avere consapevolezza del sé, , di quello che possono dare. Vorrei dirgli di studiare tanto, di esercitarsi, di non essere pigri perché se ti fermi sei perduto. Ci sono migliaia di persone che vogliono fare la stessa cosa, quindi o ti tieni al passo oppure qualcun altro prenderà il tuo posto, questo è sacrosanto. Infine gli direi di non abbattersi di fronte alle difficoltà e di sognare tanto perché ci sono momenti in cui è importante avere un sogno forte alle spalle per non mollare, per andare avanti.
Mattia il suo sogno non l’ha mollato e lo sta portando sui palchi di mezza Europa. Presto partirà anche il tour in Italia, dal prossimo febbraio. Giorni incalzanti, prove, ritmi serrati e in tutto questo c’è tempo anche per ricordarsi da dove è venuto, mai dimenticarsene. Da quella band rock- l’Opra Mediterranea - nella quale ha cantato e scritto testi per qualche anno insieme ai suoi amici musicisti, un gruppo che Braghero spera di poter far brillare sotto riflettori importanti. La caparbietà l’aiuterà anche stavolta. La corsa, in fondo, è appena iniziata.