Musica/ARTICOLO

Blutwurst: il collettivo toscano alla scoperta di nuovi universi musicali

Il secondo progetto dei musicisti toscani 'Yoğurt' è uscito lo scorso novembre per l'etichetta inglese Negative Days

/ Costanza Baldini
Lun 2 Gennaio, 2017
Blutwurst

Blutwurst è un collettivo di musicisti fondato a Firenze nel 2011. Il loro ambito è la musica sperimentale e Yoğurt è il loro secondo lavoro discografico composto da tre tracce: Lhotse, Annapurna e Lagtang i nomi di tre montagne. L’intero disco è stato concepito come un soundscape di un viaggio immaginifico da vivere comodamente sdraiati. Il loro itinerario di ricerca prende il via nel 2013 con l’esplorazione elettroacustica di suoni tenuti, unisoni e bordoni. Yoğurt  è stato registrato durante la residenza dell’ensemble presso Tempo Reale, centro di ricerca musicale fondato a Firenze da Luciano Berio ed  è uscito lo scorso novembre per l’etichetta inglese Negative Days.

I Blutwurst sono: Cristina Abati (viola), Marco Baldini (tromba), Maurizio Costantini (contrabbasso), Daniela Fantechi (fisarmonica e gong), Luca Giorgi (sine waves, sintetizzatore analogico, no-input mixer e registratori a nastro), Michele Lanzini (violoncello), Edoardo Ricci (clarinetto basso), Luisa Santacesaria (harmonium e campane tibetane).

Ciao ragazzi raccontateci come e perché nasce il collettivo Blutwurst
Marco e Daniela:
Abbiamo cominciato a suonare noi due insieme con Edoardo Ricci (sassofoni, clarinetto basso) nel 2011. Tutti e tre eravamo interessati alla sperimentazione musicale, che in parte avevamo già esplorato in altri ambienti. Poco dopo è arrivato Michele Lanzini (violoncello). Inizialmente ci siamo dedicati all'improvvisazione libera incentrata soprattutto sull'esplorazione timbrica e sulle tecniche estese, anche collaborando con altri musicisti come Eugenio Sanna, Jacob Felix Huele e Stefano Bartolini. In una fase successiva, tra il 2012 e il 2015, al gruppo si sono aggiunti Cristina Abati (viola), Luca Giorgi (elettronica, percussioni), Maurizio Costantini (contrabbasso) e Luisa Santacesaria (piano, harmonium). Non abbiamo realizzato fin da subito nostre composizioni, ma nei primi anni, oltre a improvvisare, abbiamo studiato e suonato partiture di autori americani come John Cage, Morton Feldman, La Monte Young, Cornelius Cardew, che ci hanno aiutato a delineare la nostra identità sonora. Oltre a questi autori, ce ne sono anche altri che ci interessano molto e che ci hanno ispirato (e continuano a farlo): fra tutti, sicuramente Giacinto Scelsi, Alvin Lucier ed Eliane Radigue, che sono diventati il nostro punto di rifermento estetico più forte. Oggi lavoriamo esclusivamente su nostre composizioni che sono dedicate prettamente all'esplorazione elettroacustica di suoni tenuti, unisoni e bordoni.

Potreste spiegare ai nostri lettori cosa sono gli unisoni e i bordoni?
Luisa
: Si tratta di un suono solo (unisono), che solitamente facciamo suonare a più strumenti. Detto così può sembrare riduttivo: quello che ci interessa è andare a vedere cosa succede all’interno di quel suono, quali altri suoni nascosti contiene e come possiamo fare per tirarli fuori e renderlo un oggetto vivo, cangiante e che si sviluppa nel tempo. I bordoni sono più suoni di sostegno fatti da alcuni strumenti, ai quali si sommano altri eventi più mobili, che interagiscono con questa base più stabile. Ci piace creare con il suono un flusso temporale diverso da quello dell’orologio e far perdere un po’ a chi ci ascolta la cognizione di quanti minuti siano passati da quando abbiamo iniziato a suonare.

Siete in molti nel gruppo, otto in tutto, come funziona esattamente la scrittura dei pezzi?
Luisa
: Dipende. Normalmente partiamo da un’idea che ci piacerebbe esplorare (ad esempio, l’interazione fra certi suoni armonici degli strumenti ad arco e altri materiali sonori, oppure specifici multifonici dei fiati, o la relazione fra questi e i suoni puri delle sine-waves) e facciamo esperimenti per capire la potenzialità e le possibilità di sviluppo. Solitamente ogni pezzo si focalizza su una o due idee “centrali” di questo tipo che vengono poi organizzate in modo da creare una forma coerente che si sviluppa nel tempo. Diciamo che in questa fase, iniziata con il progetto Yoğurt nel 2013, il lavoro compositivo parte da un elemento sonoro interno alle possibilità strumentali e timbriche che sono già presenti nel collettivo. Però, non è sempre così. Ad esempio, il disco Tenebrae, uscito a maggio di quest’anno per la Tempo Reale Collection, è nato in un contesto molto particolare, quello della residenza che abbiamo fatto lo scorso inverno presso il centro di ricerca musicale Tempo Reale di Firenze. In quel caso abbiamo preso dei frammenti di una composizione già scritta (dal compositore rinascimentale Gesualdo da Venosa) e abbiamo fatto un lavoro di dilatazione temporale su certi passaggi selezionati, provando anche a dividerci in gruppi ridotti (solo elettronica, solo mantici e fiati, solo archi). Delle composizioni si occupano Daniela e Marco, mentre in fase di sperimentazione, tutti partecipiamo allo sviluppo delle idee e discutiamo sempre molto sulla loro definizione.

Come mai il disco ha un titolo così curioso “Yoğurt”?
Marco
: Yoğurt  è in realtà il nome del primo pezzo con il quale ci siamo iniziati a interessare di bordoni e suoni tenuti. Nel 2013 ero (ma lo sono tuttora) completamente assorbito dalla musica di Giacinto Scelsi e quindi volevo realizzare con Blutwurst un pezzo che riecheggiasse l'universo musicale scelsiano degli anni Sessanta. L'ultimo ciclo di pezzi della Trilogia di Scelsi per violoncello solo si chiama Ygghur (termine che in sanscrito significa "catarsi"). Allora ne ascoltavo spesso la versione di Frances-Marie Uitti contenuta nel disco ECM Natura Renovatur, la parola "Yoğurt " è una sorta di omaggio a quel pezzo, la parola di uso comune/alimentare ritengo ci mettesse al riparo (soprattutto con noi stessi) dal volere mettersi a confrontro in maniera boriosa con uno dei compositori che ritengo essere fra i più importanti del Novecento. Col tempo questo buffo termine ha iniziato a identificare non solo quel pezzo ma tutto il nuovo progetto sui bordoni, che poi è divenuto il fulcro della nostra proposta musicale. Era per questo naturale chiamare il nostro primo disco Yoğurt (Tenebrae, è il primo disco in ordine di uscita ma è stato pensato dopo Yoğurt ).

I tre pezzi del vostro disco hanno tutti nomi di montagne, come mai questa scelta, sono la trasposizione musicale di viaggi che avete fatto realmente?
Luisa
: In realtà ci piaceva la suggestione di un paesaggio lontano dalla civiltà e ad altezze elevate, quasi alieno dal mondo che conosciamo e frequentiamo quotidianamente. La copertina del disco (una cartolina di inizio ‘900 trovata da Michele, il violoncellista, al mercatino delle pulci di Piazza dei Ciompi di Firenze), richiama un po’ quest’idea. E poi ci piaceva l’idea che i nomi facessero pensare a posti lontani. Nessuno di noi, però, è mai stato in quei luoghi (altrimenti forse avremmo scelto altri titoli e riferimenti!).
Daniela: La nostra musica non nasce con un riferimento preciso ad una certa idea di spiritualità o come un invito alla meditazione. Di fatto però, il tempo estremamente dilatato in cui nascono e si sviluppano le trame e le tessiture complesse di suono, porta ad una forma musicale di ampio respiro che può trasformare un po’ la percezione dello scorrere del tempo, come accade per le discipline che hai citato.

Come definireste la vostra musica?
Tutti
: È difficilissimo! Forse un viaggio nel suono, da fare possibilmente distesi (o seduti molto comodamente).

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