L’eclettico e ironico Alessandro Benvenuti, si è esibito il 18 Luglio scorso al Fahrenheit Festival, cantando canzoni da lui scritte e interpretate, aggiungendo note di allegria e ritmo a questa manifestazione culturale giunta ormai alla sua IV edizione.
Benvenuti, il suo ultimo impegno artistico:“Zio B”. è un progetto che si dipana su 3 fronti: un CD musicale, un libro, uno spettacolo. Come nasce questa opera così multiforme?
"Mi ero stancato del teatro, tanto era la passione che avevo per questo genere, tanto il dolore di vederlo così degenerare nei rapporti personali: uno scadimento dei sogni, dei progetti.La musicaè stata per me un ricominciare a vivere, un gioco di fascinazione verso il sogno, proprio come quando avevo sedici anni. Questo CD non ha un genere, si serve dei generi per raccontare 50/60 anni di storia d’Italia.Il libro nasce come un desiderio di vita dopo tanta morte precedente: quella del teatro appunto".
Si è sempre parlato di lei come attore, regista, comico, come si sente nelle vesti di compositore e interprete di canzoni?
"Io mi sento parecchio un artista.Ciò che m piace di tutto il mio percorso è proprio questo continuo cercare. Ritengo che un artista abbia l’obbligo di essere uno specchio per lo spettatore, mostrando la possibilità di un continuo cambiamento rispetto alla società e rispetto a quello che la gente ci chiede. Ci vuole, comunque, anche del coraggio per cambiare, senso di responsabilità. Se hai delle persone a carico ti chiedi anche: se cambio, magari guadagno meno, non dò sicurezza alle figlie, alla moglie, un croccantino ai cani….…io ce n’ho due".
Quali soddisfazioni in più prova il Benvenuti musicista rispetto al Benvenuti uomo di teatro e regista?
"La musica l’ho sempre fatta. Quando faccio una scena cinematografica o dò il ritmo ad una scena teatrale o ancora di più a tutto lo spettacolo teatrale, faccio il compositore. Le battute che gli attori dicono o le battute che dico, come nella filosofia dei Gori, quelloè pentagramma, non è solo teatro. Anche nelle fiction sono riuscito a metterci della musica. L’ho fatto attraverso il montaggio, ma soprattutto guidando gli attori in una certa maniera.La musica è una cosa che sta in tutte le cose dell’arte. Dunque non ho mai smesso di fare il musicista. Non ho fatto il cantante. Ora faccio anche quello".
Quali sono i suoi riferimenti musicali?
"Tutta la buona musica, in special modo Frank Zappa, perché è la persona più vicina a me per contemporaneità; l’ho scoperto improvvisamente all’età di sedici anni e ne sono rimasto folgorato, un po’ come con Carmelo Bene in teatro con “Nostra signora dei Turchi”. Ebbi una folgorazione e, per quanto sembri strano, “Benvenuti in Casa Gori” è cominciato a nascere proprio il giorno in cui l’ho visto, anche se poi ci sono voluti 17 anni per farlo".
Questo CD è un viaggio musicale, che tocca vari generi: il blues, il jazz fino al reggae e allo Ska, cosa ci dice di questa rock fusion?
"È un viaggio pieno di sorprese per me. Il segreto è quello di lasciarsi andare all’ascolto di tutte e quattordici le canzoni, solo così capisci che c’è un filo rosso che le lega insieme: E’ un CD che ha un grandissimo cuore, ma soprattutto ci sono più di cento musicisti che hanno suonato gratuitamente per questo disco. Gli strumenti usati sono tutti acustici, compresi violini e viole. Il libro racchiude in sé una macro storia: la società, lo sviluppo dei costumi dell’Italia dagli anni 60 ad oggi, ma anche una micro storia: quella di un individuo che porta un soprannome: zio Birillo, dovuto ad un atto di paura, dal quale si deve riscattare. E’ dunque, anche la storia di un riscatto singolo in seno ad una società che in 60 anni è molto peggiorata e degenerata".
Lei ha definito questi ultimi anni con una metafora: un vento gelido capace solo di produrre freddo.
"Sì, perché un conto è prendere atto delle difficoltà, diciamo così, del vivere e dell’operare e altro è arrendersi. Io non mi arrendo e l’unica cosa che posso fare è resistere. Noi artisti siamo persone da trincea. Si cerca di far capire che non si mangia solo con lo stomaco, si mangia anche col cervello.La storia ci insegna, che quando si spegne il cervello si spegne la vita. Le sensazioni che ti porta una musica, un balletto, uno spettacolo di teatro, un film, un quadro, è qualcosa che appartiene a tutta l’umanità. Se si deve vivere soltanto di cibo, si diventa tutti cannibali".
Alla luce dei suoi numerosi impegni teatrali e musicali, quale ruolo gioca per lei l’artista in questa società, del quale ne è espressione a tutto tondo?
"L’arte per me è un mestiere, perché mi dà da vivere, ed è un impegno sociale, perché mi aiuta a migliorare. E’ qualcosa di meraviglioso, perché ti consente di dare a degli sconosciuti delle sensazioni, delle impressioni, dei sentimenti, delle cose vitali. E’ qualcosa di molto alto che ha che fare con l’altruismo".
Musicalmente parlando, quale differenza ha visto nel panorama italiano negli ultimi 30 anni?
"Questo CD l’ho fatto anche per ascoltare, a me piacevano molto i cantautori e, a parte il divino Zappa, dovevo sempre riascoltare i vecchi dischi. Non ce ne erano più di cantautori che facessero delle cose veramente toccanti. Alludo ai De Andrè ai Guccini, ai Dalla, e così mi sono detto “ sai icchè, me le scrivo da solo!” Mi dà un senso di morte vedere le persone brave, i De Gregori, i Conte, che oggi fanno il verso a se stessi, fanno un po’ il compitino. Fondamentale era dare a me stesso la possibilità di dare un senso di vita.C’è gente che a sessant’anni dice - basta, sono un pensionato - io dico - no a sessant’anni voglio essere una Rock Star, mi voglio divertire. E’ molto più difficile farlo a sessant’anni che non a diciotto, per cui è una sfida, ma è anche un divertimento".
Dunque a questo periodo storico, a questa crisi di valori, lei sta reagendo con uno spirito che normalmente è tipico dei diciottenni...
"Un artista ha sempre diciotto anni. Ha la capacità di vivere le stagioni della vita tutte insieme. Passato, presente e futuro sono un unico tempo. Il bello del nostro mestiere è proprio questo, perché tu ad un certo punto muori, ma fino all’ultimo momento puoi vivere veramente alla grande, con dei pensieri luminosissimi ed è la differenza che c’è tra uno che ama la vita, ama la luce e uno che invece si spegne anche a diciotto anni ed io ne conosco tanti di diciottenni che sono zombi, per cui dico - va bèh questo deve solo morire, però peccato, perché è già morto e non se ne è accorto - Io, invece, a dieci anni già sognavo di fare questo mestiere".
Cosa ci riserva il futuro Benvenuti?
"Ho questo nuovo spettacolo - Comici fatti di sangue - scritto con Ugo Chiti, che farò quest’inverno, ora farò questa regia - Tutto Shakespeare in novanta minuti. Attualmente sto facendo degli audio libri e ho dei progetti cinematografici. Poi i videoclips per le quattordici canzoni, tre dei quali sono già stati fatti, un doc film del libro, insomma diciamo che sono bello attivo, anche se sono un po’…stanchino…no, non voleva essere una battutaccia!!!".