Se l’Arno alluvionasse di nuovo Firenze uno dei primi siti a essere colpiti sarebbe ancora la basilica di Santa Croce, e tra le opere ancora una volta se la vedrebbe brutta l’Ultima cena di Giorgio Vasari, dipinto custodito nel Cenacolo della chiesa ma che stavolta potrebbe essere salvato attivando, con una leva, il meccanismo che ne garantirà la messa in sicurezza in una decina di secondi. È quanto mostrato oggi nell’ambito di una esercitazione di salvaguardia dei beni culturali tenuta nel Cenacolo.
La protezione dell’opera è garantita da un meccanismo progettato da Sertec sas e dai tecnici dell’Opera di Santa Croce, in collaborazione con GeoApp, uno 'spin off' dell’Università di Firenze. In caso di emergenza, basterà una sola persona che, con la leva, attiverà il sistema di sicurezza della tavola, che pesa 600 chili, sollevandola di 3 metri e mezzo e consentendole così di raggiungere i 6 metri di altezza, quota superiore di un metro al battente dell'alluvione del 1966.
Ad attivarsi sarà un sistema meccanico, fatto di contrappesi e carrucole: in fase di progettazione fu scartata l’ipotesi di usare apparecchiature tecnologiche avanzate per evitare il rischio di mancato funzionamento in caso di interruzione di energia elettrica. Per garantire ulteriormente protezione alla tavola, sul suo retro, l’Opificio ha collocato anche una scatola di stabilizzazione climatica per prevenire eccessive variazioni del legno e permettere una migliore conservazione degli strati pittorici.
Nel novembre 1966 quando le acque sommersero Firenze, la tavola, composta da cinque pannelli di pioppo, era esposta nel Museo dell’Opera di Santa Croce dove rimase, per ore e ore, immersa nell’acqua e nel fango. A salvarla, anche attraverso un processo di asciugatura molto graduale, fu Umberto Baldini, allora direttore del laboratorio di restauro della Soprintendenza, che comprese subito il rischio per il legno di una rapida asciugatura e organizzò un’operazione di recupero molto complessa, che poi è passata alla storia.