Duodenocefalopancreasectomia: un lungo e composto nome per definire un delicato e non frequente intervento chirurgico. Per un tumore che colpisce la cosiddetta testa del pancreas, si interviene con un taglio della parte malata. Ovviamente con un intervento complesso, perché complesso è l'organo interessato, collocato in un autentico crocevia di vasi sanguinei di grande rilievo, con interessamento dell'intestino e di altri organi circostanti.
Ad Arezzo è stato eseguito questo intervento dal nome difficile con l'uso del robot. Non è il primo in Italia, ma sicuramente uno dei pochi che vengono eseguiti non solo nel nostro paese, ma anche nel mondo con questa tecnica. Altri casi sono trattati con chirurgia laparoscopica e la stragrande maggioranza dei casi con la chirurgia tradizionale aperta.
Assieme a questo intervento, in questi giorni il gruppo che sta crescendo attorno alla chirurgia robotica è intervenuto con il Da Vinci per due epatectomie robotiche, cioè l'asportazione di una parte del fegato colpita da tumore.
Per il direttore del dipartimento di chirurgia della Asl 8 Fabio Sbrana si è trattato di un tipo di intervento a cui aveva già partecipato in passato quando il professor Giulianotti a Grosseto eseguì (correva l'anno 2004 e fu il primo al mondo) il primo intervento al mondo, e successivamente a Chicago (molte decine). Ma per Arezzo il tempo giusto per iniziare questa nuova delicata attività è giunto adesso, dopo che tutto il gruppo di chirurghi, infermieri e anestesisti ha raggiunto una professionalità eccellente. "Al robot non agisce una sola persona – ricorda Sbrana – perché se non si costituisce un sistema di professionisti esperti, in grado di supportare anche le richieste più difficili, l'attività di chirurgia robotica sarebbe poca cosa".
Ed invece i numeri di Arezzo sono ormai rapportabili a quelli di centri con molti più anni alle spalle. Al 31 agosto erano 248 gli interventi eseguiti con il Da Vinci dal primo dell'anno, ai quali aggiungere i 33 della fine del 2010, quando si era davvero alle prime armi.
"Ed invece – lo posso dire anche con orgoglio e soddisfazione – sottolinea Sbrana – qui si sono compiuti davvero dei passi da giganti. La preparazione dei chirurghi, ferristi, infermieri, anestesisti di Arezzo era molto elevata con le tecniche tradizionali e con la laparoscopia (anche nelle altre discipline di chirurgia, come otorino, urologia e ginecologia), e questo ha consentito di utilizzare appieno e adesso anche con interventi di altissima specialistica, il Da Vinci".