Durante un assaggio di vini della Val D'orcia in un bell’agriturismo immerso tra il verde della natura, il giallo del sole e il rosso e il bianco dei vini incontro Roberto Terzuoli, proprietario dell’azienda “SassodiSole”, lui non tenta di promuovere il suo prodotto mi racconta la sua passione, il suo amore e i sacrifici del suo lavoro. I suoi occhi azzurri brillano e vi si può leggere qualcosa di più. Mi lascio trascinare dal suo racconto. Lui, il padre, la tradizione, il figlio Tommaso (piccolo Cicerone in azienda) e insomma mi accorgo che c’è una storia, una vita nata tra pampini e tralci, acini e grappoli che diventa vino, un vino bello come i luoghi in cui nasce, bello come la tenacia di Roberto. E questa chiacchierata, informale, amichevole diventa questa intervista...
Una famiglia di tradizione contadina … in che ambiente sei vissuto?
Ho sempre vissuto in un podere nella campagna di Montalcino. Vengo da una famiglia contadina di 18 persone. Mio babbo aveva 4 fratelli. Una tipica famiglia contadina toscana. Immersi totalmente tra campi arati, oliveti e vigne. Oggi sembra tutto facile ma prima anche solo muoversi e prendere la macchina, l’unica perdipiù, era un problema. Da noi, ad esempio, nei primi anni anni 80’’ l’acqua dovevamo andare a prenderla in paese. Ho fatto gli studi di agraria e per raggiungere la scuola mi svegliavo intorno alle 5.30 - 6,00. Alla fine per me iniziare a lavorare è stata una passeggiata. E comunque Montalcino è distante da tutto anche oggi, se un ragazzo vuole andare al cinema o a ballare, deve muoversi per forza. In campagna l’evoluzione c’è stata più lentamente. Questo è l’ambiente dove sono cresciuto e che mi ha formato.
L’azienda SassodiSole quando e perché nasce?
Mio nonno aveva 4 figli. Due, i più grandi tra cui mio padre, decise che dovevano rimanere a lavorare in campagna e gli altri due dovevano fare altro. Ad un certo punto mio padre e suo fratello decisero di dividere il podere con il casolare. Il podere più vecchio rimase a mio zio mentre mio padre, che era il secondo genito, prese i terreni rimanenti e costruì la nuova azienda e nacque “SassodiSole”.
Come mai questo nome?
Perchè dove attualmente abbiamo la cantina c’era un sasso, che adesso è stato spostato all’ingresso dell’azienda, e quando mio nonno con gli altri mezzadri che lo aiutavano a coltivare la vigna volevano mettere al fresco il vino e l’acqua li mettevano sotto il sasso perché intorno non c’erano alberi. Quando, la sera, poi andavano a riprendere i fiaschi, le bottiglie e per sbaglio toccavano il sasso dalla parte del sole dicevano “questo sasso è fatto di sole”. Quindi la località dove è nata la cantina ha preso questo nome e successivamente l’azienda.
Agli inizi l’attività dell’azienda si basava sulla coltivazione dei cereali e del frumento?
Esatto. Agli inizi il vigneto era un ettaro che, dopo la divisione, è diventato mezzo ettaro. Il grosso era seminativo, avevamo l’allevamento di chianine, il bosco per fare la legna per l’inverno. I vecchi poderi dei mezzadri erano strutturati così e basati sull’autosufficienza non sulla specializzazione. Quindi il contadino produceva e allevava un pò di tutto per se stesso e la propria famiglia. Se si contestualizza a oggi i poderi di allora erano devi veri e propri ambienti di biodiversità. Questa cosa è un pò rimasta ancora oggi noi coltiviamo i cereali ad esempio. Quest’anno abbiamo messo l’orzo per fare la birra biologica, abbiamo l’oliveto, il vigneto, il bosco. Più o meno come prima ma vera differenza è che abbiamo più ettari di vigneto…
Con te l’azienda ha avuto questo salto produttivo verso il vino?
Dopo gli studi ho avuto l’opportunità di andare a lavorare presso l’azienda il “Greppo” con Franco Biondi Santi, il padre nobile del Brunello di Montalcino, e qui ho lavorato per 10 anni alternando con l’attività nella mia azienda. Questa per me è stata una grande scuola, lui era specializzato nei vini di qualità, perché gli studi sono stati importanti, come lo era l’esperienza di mio babbo e di mio nonno, ma poi avere questa possibilità di collaborare Franco Biondi Santi è stato il massimo.
Quando avete iniziato a commercializzare il vostro vino?
Noi come SassodiSole abbiamo cominciato la commercializzazione nel 2001.
Nel tuo lavoro c’è una base di passione, una di formazione e in più la tradizione…
Certo è così. Però ti posso assicurare che se non ci fosse una gran dose di passione questo mestiere non si intraprende.
Quanto tempo passi in azienda?
Ho perso il conto, io vivo lì. E se non sono in azienda sono a fare promozione.
Quali sono i risultati che hai raggiunto dopo 16 anni di attività e dei quali ti ritieni soddisfatto?
Noi commercializziamo in 15 Paesi del mondo e pensare che nel 2001 siamo partiti da zero, questo è un grande risultato. Per quel che riguarda la produzione, vuoi per gli studi, vuoi per la tradizione familiare, ero rodato ma per la commercializzazione mi sono dovuto creare un mercato. E oggi posso ritenermi soddisfatto.
Tu hai un figlio che vive con te in simbiosi questa passione. Vivere così l’azienda vuol dire tramandargli l’amore per questa. Come vedi le future generazioni che si approcciano al mondo dell’agricoltura?
Le vedo bene perchè oggi si cerca di vivere tutto in modo virtuale e invece imparare che un frutto viene dal terreno e dal lavoro che c’è dietro è importante. E vedere un giovane tra i campi è sempre un buon segnale.
L’agricoltore deve fare i conti con la natura, con il bene e il male che si porta dietro e che non può essere controllato e gestito: una grandinata improvvisa, una gelata, un gran caldo che provoca siccità ecc. ecc. Tu come vivi il rapporto con la natura?
E’ un rapporto bello. E’ una sfida. Le annate difficili sono quelle che impongono un cambiamento e devi rilanciare per migliorare e migliorati. Le annate tutte uguali renderebbero tutto facile e noioso. Il vino può essere simile ma non uguale ogni anno, deve variare altrimenti è come “una qualsiasi bibita gassata”. Il vino deve cambiare.
Ultima scommessa di “SassodiSole” ...
L’accoglienza in azienda. Far vedere il più possibile ai nostri clienti, che poi chiamo amici, con i loro occhi da dove viene il nostro vino e vivere quindi un’esperienza. Ho il dovere di far vedere da dove viene il nostro vino a chi ci dà la fiducia di assaggiarlo e come mi piace ripetere “... di fronte ad un bicchiere di vino se non si è amici prima lo si diventa dopo averlo bevuto...”.
Quale parola sintetizza la tua idea di futuro?
Tradizione. Il futuro senza tradizione non esiste.
Eh sì non c’è futuro senza passato. Può sembrare ovvio ma ripeterlo è un buon mantra che ci tiene con i piedi per terra. Come con i piedi saldamente al terreno dei suoi campi, delle sue vigne e del suo podere è Roberto Terzuoli, un “contadino moderno” che in modo mite e appassionato raggiunge grandi traguardi con il suo vino, il suo Brunello di Montalcino o Rosso d’Orcia, e guarda al futuro con rispetto per quelle radici che gli hanno dato la vita. E in questo c’è un gran pezzo della storia produttiva ed economica della Toscana.