“Storie di antifascismo senza retorica” è il titolo del libro scritto da Max Collini (già voce e anima degli Offlaga Disco Pax) e Arturo Bertoldi presidente di Isoreco (Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea di Reggio Emilia), pubblicato da People, che approda venerdì 19 aprile in forma di spettacolo al Glue Alternative Concept Space di Firenze.
Quelle raccolte e rese vive sul palco da Collini sono storie personali e umane, episodi, aneddoti, eventi del passato, ma anche della contemporaneità che si rincorrono. Senza retorica, senza eroi, senza ufficialità, senza bandiere e, proprio per questo così importanti.
Il libro e lo spettacolo arrivano in un momento storico in cui il tema “fascismo/antifascismo” è quanto mai di attualità, presente quotidianamente nel dibattito pubblico, politico e non solo. Un simbolo dell’incertezza dei tempi in cui viviamo.
Ma ha senso parlare ancora oggi, nel 2024, di fascismo e antifascismo? Lo abbiamo chiesto a Max Collini.
Ecco la nostra intervista a Max Collini
Come nasce il progetto del libro, dove avete scovato queste storie che vanno dalla Resistenza del ’43-’45 ai giorni nostri?
Il nucleo storico delle storie dello spettacolo e poi del libro sono storie che abbiamo scritto io e Arturo Bertoldi che tra l’altro è l’autore del testo di “Cinnamon” degli Offlaga Disco Pax, l’unica canzone degli Offlaga che non ho scritto io. Quando lavoro con i testi di altri provo un sentimento poco nobile che si chiama invidia, sono storie che avrei voluto scrivere io ma che ho scritto qualcun altro, in cui io mi riconosco completamente. L’insieme di tutte queste cose ha creato poi lo spettacolo vero e proprio che riunisce le storie di Arturo Bertoldi, che sono il nucleo principale, e quelle di altri autori tra cui il regalo più bello forse è quello di Andrea Pennacchi noto a tutti come Poiana. Nel libro e nello spettacolo c’è un pezzo che riguarda suo padre Valerio Pennacchi che è stato un partigiano deportato in un campo di concentramento e secondo me è una storia molto forte.
Le nuove generazioni hanno la libertà senza rendersi conto che non è una cosa scontata, ci sono nati nella libertà
A cosa si deve il grande successo dello spettacolo e del libro?
Il nostro libro non è un libro di “storia” è un libro di “storie”, anche quando gli argomenti sono terribili, terrificanti e atroci, io cerco sempre di usare un tono che abbia un po’ di “leggerezza” anche se su questi temi è difficile. Io credo che oggi un ragazzo di 20 o 30 anni, un giovane adulto o uno studente, quando si approccia, senza che ci sia una narrazione familiare o una storia personale dietro di esperienza politica, ma è sempre più raro, a questi argomenti a scuola penso che li veda lontani tanto quanto io vedevo lontano il Risorgimento quando lo studiavo alle Superiori. C’è cioè una distanza temporale talmente forte che fa vedere ai giovani queste cose come lontanissime, come se non li riguardassero. Per coinvolgere i giovani su temi storici, ma purtroppo anche attuali, bisogna farlo in un altro modo, non glieli puoi raccontare con le date e le battaglie militari. Bisogna trovare un modo più empatico, più umano, io ci ho provato, ho cercato di evitare la retorica che accompagna sempre questo tipo di racconto storico. Io non sono uno storico, sono un geometra e in questo spettacolo cerco di farlo in un altro modo. È raro che vengano ragazzi giovani ai miei spettacoli, ma quando succede mi commuovo.
Come mai ancora oggi c’è bisogno di parlare di antifascismo e come risponderesti a chi dice che è anacronistico oggi parlare di fascismo?
Io dico sempre questa cosa: è vero che nel ’45 è finito un regime, è finito il Fascismo comunemente inteso, è un dato storico oggettivo, dal ’45 in poi abbiamo avuto un paese democratico. Ricordo a tutti che il contrario di fascismo non è comunismo o socialismo, è democrazia. Quindi mi ripeto, non c’è più il regime, però purtroppo negli ultimi 80 anni ci sono comunque stati nel nostro paese molti fascisti, anche se non esiste più il fascismo. La lista dei crimini fascisti in Italia nel dopoguerra è piuttosto imponente, non c’è stata solo la strage di Bologna. Tutto il Novecento è stato costellato in Italia dalla presenza occulta o visibile di neofascisti. Non penso che arriverà un nuovo regime ma è in atto un tentativo di spostare l’egemonia culturale, chiamiamola così anche se Gramsci si rivolterebbe nella tomba.
Si respira il fatto che un mondo che è stato per decenni minoritario e relegato sotto terra oggi è diventato quasi “mainstream”. Agli italiani piace molto la libertà, nessuno oggi si potrebbe permettere politicamente di dire che la libertà è sopravvalutata o in discussione. Io credo che il tentativo non sia quello di riportare un regime, non ce la farebbero, ma è quello di dire “Noi proteggeremo e garantiremo la vostra libertà a scapito della libertà di qualcun altro”. Cioè passa il meccanismo per cui la mia libertà è sacra e inviolabile e non mi sarà mai tolta, ma possiamo discutere se togliere la libertà a qualcun altro che non mi riguarda, è questo il punto. Questo è molto pericoloso. La cosa assurda è che quando abbiamo pensato allo spettacolo e al libro in Italia c’era un clima, quando poi sono arrivato sul palco e il libro è uscito il clima era un altro, sembra quasi un instant-book e questa cosa mi preoccupa.
La musica oggi non parla più di politica e i giovani si sono allontanati moltissimo dalla partecipazione alla vita politica, mi sembra che le due cose siano legate, tu cosa ne pensi?
Premesso che non ho nessun intento pedagogico nelle mie cose, secondo me sono questioni che riguardano il peso che la politica ha nella vita delle persone. Sui miei nonni la politica ha pesato tantissimo ed è per questo che sarebbero andati a votare anche con una palla al piede, pur di esercitare quel diritto. Le nuove generazioni hanno la libertà senza rendersi conto che non è una cosa scontata, ci sono nati nella libertà. Vale anche per me, ma io avevo i racconti dei miei genitori e dei miei nonni che mi hanno fatto capire come siamo arrivati alla libertà. Oggi i giovani possono girare il mondo, hanno molte opportunità, non sono ancorati a un paese, tutte cose date per scontate, ma che non lo sono. Le libertà costituzionali non sono una cosa garantita per sempre. Alla generazione dei giovani la politica parla poco, ma è una politica di livello culturale e istituzionale piuttosto basso rispetto a quella che ho conosciuto io da giovane, quindi capisco che per loro sia poco attraente.
Oggi i modelli culturali, i modelli sociali e i riferimenti delle nuove generazioni sono diversi, sono profondamente individualisti. Non c’è più un’educazione alla socialità
Per quanto riguarda la musica io dico sempre che le canzoni come espressione della cultura pop sono lo specchio della realtà contemporanea, e in questo ti do ragione. In una società come quella degli anni ’70 che ha prodotto i grandi cantautori c’era una visione sociale, c’era un vento che spirava in una certa direzione. Le canzoni di artisti come De Gregori, Venditti o De Andrè rispecchiavano quel tipo di società a un livello altissimo. Oggi i modelli culturali, i modelli sociali e i riferimenti delle nuove generazioni sono diversi, sono profondamente individualisti. Non c’è più un’educazione alla socialità e quindi quelle canzoni esprimono semplicemente estremizzandoli i sentimenti di quella generazione, non tutta ovviamente. Ai giovani piace parlare di sè e della cerchia ristretta della propria crew, è difficile pensare a una canzone che parla di “noi”. È fantastico uno come Lazza che secondo me è un grandissimo talento, il quale parla di gang e ha i tatuaggi in faccia ma si è diplomato al Conservatorio. Per diplomarsi al Conservatorio è necessario provenire da una famiglia borghese, quindi la gang va bene, ma dietro c’è altro. Credo che valga anche per Achille Lauro che però è già vecchio. Quando hai strumenti culturali e musicali come Lazza riesci a sfruttarli per portare a un livello più alto la tua arte e Lazza in questo senso ci riesce.
Speriamo che i fan di Lazza non leggano questo articolo, comunque di certo Tupac non era diplomato al Conservatorio…
Lui purtroppo è morto giovane, ma qualcuno dei trapper di oggi ci crede talmente tanto che si è messo anche a sparare. La poetica delle pistole porta alle pistole, funziona così.
Ingresso UP TO YOU riservato ai soci Glue/US Affrico
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